Li sentivo passare di prima mattina, sotto la mia finestra.
Andavano verso campagna a fiaccarsi le membra fino
al tramonto, solo con piccole soste: il tempo di bere
un po’ d’acqua, mangiare qualcosa, drizzare la schiena ricurva,
asciugarsi il sudore sul viso. Poi nuovamente fatica:
braccia e vanga, continuo ansimare nel freddo
o nell’afa, nel vento… nell’essere soli.
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