mercoledì 27 giugno 2018

AQUINO NEI DIARI DI GREGOROVIUS di Paolo Secondini

La mattina del 18 ottobre 1859, dopo aver soggiornato per dodici giorni a Montecassino, in una atmosfera di quiete e serenità, lo scrittore tedesco Ferdinand Gregorovius lasciava l’abbazia benedettina per far ritorno a Roma, in cui risiedeva da qualche tempo.
A Montecassino, dove i monaci lo avevano accolto cordialmente, Gregorovius si era recato per fare ricerche nell’Archivio, comprendente rari e importanti documenti, circa trentacinquemila tra diplomi degli imperatori, principi e papi e cartae minores. Ma quelle ricerche avevano aggiunto ben poco alle notizie che aveva già appreso nell’Urbe, frequentando biblioteche pubbliche e private, tra cui la Minerva, la Sala dei Domenicani, la Biblioteca del Muratori e l’Archivio Storico Italiano. Se non altro, l’arrivo e il soggiorno a Montecassino gli avevano offerto occasione di visitare alcuni paesi della Ciociaria: Veroli, Casamari, Sora, Arpino, San Germano, Rocca d’Evandro, che fino a quel momento aveva conosciuto solo attraverso resoconti di viaggi e narrazioni storiche.
La mattina del 18 ottobre 1859 (una mattina umida e nebbiosa), dunque, Ferdinand Gregorovius, a bordo di una carrozza lasciava il monastero di San Benedetto, lieto di attraversare, durante il viaggio verso l’Urbe, altri centri ciociari ricchi di storia e di vestigia antiche.
Così egli descrive, nei Diari Romani, il suo arrivo nella città di Aquino:
A tre miglia di là (San Germano) la strada volge verso Aquino, dove mi sono recato. La nebbia si era nel frattempo ritirata. Sulla via si trova la torre di San Gregorio, ove si dice che questo grande papa abbia posseduto una splendida villa che in seguito regalò al convento.
Dopo circa un quarto d’ora giunsi ad Aquino, patria di Giovenale e di Pescennio Negro, signoria feudale dei conti di cui San Tommaso porta il nome. Così Aquino, in modo strano, ha prodotto un poeta satirico, un imperatore e il più grande filosofo della scolastica medievale.
Ad Aquino Gregorovius fece ritorno successivamente, restando affascinato non solo dalle bellezze archeologiche, da quelle naturali e paesaggistiche, ma anche dalla semplicità di vita e costumi dei suoi abitanti, per lo più contadini.
Nel suo libro Passeggiate per l’Italia, in tal modo egli descrive e parla di Aquino:
La sua posizione, nei pressi di un ruscello, non ha nulla di speciale, ma bellissimi per ricchezza e frescura di vegetazione sono i suoi dintorni e stupendo è il panorama che vi si gode. Esistono ancora presso il paese alcune rovine della città romana, avanzi di porte, di mura, reliquie dei templi di Cerere e di Diana; in complesso però nulla di notevole. Presso il ruscello sono le rovine di una chiesa del secolo XI, S. Maria della Libera, basilica a tre navate, sulla cui porta si scorge ancora una Madonna in mosaico, opera bizantina ben conservata. Vicine le une alle altre sorgono così le rovine dell'Aquino romana e dell'Aquino medioevale; a queste due epoche appartengono le celebrità della città.
Aquino si può vantare di aver dato i natali a uno dei meno famosi imperatori romani, Pescennio Negro…  Maggior gloria procurarono ad Aquino due altri suoi figli. Sono due tipi che rappresentano due epoche e che si possono l'uno all'altro contrapporre, come le rovine di un tempio romano a quelle della basilica di S. Maria della Libera. Quale maggior contrasto, infatti, di quello che passa tra Giovenale e S. Tommaso d'Aquino, fra il grande poeta satirico della corruzione pagana di Roma ed il più grande filosofo della sacra teologia scolastica, che ebbe il nome di Dottore Angelico?

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