San Tommaso ha un sosia:
una notizia non so a conoscenza di quanti ma che, nella non improbabile ipotesi
che sia ignorata dai più, vale la pena di divulgare se non altro quale
contributo alla iconografia tomistica.
Dunque, San Tommaso ha
un ‘sosia’.
Si parla, beninteso, di
una statua, in particolare di quella che, come recita la didascalia del
“santino” - non se ne abbiano, per carità, a Roccasecca - ‘si venera nella
città natia’, ovvero ad Aquino, ed è custodita presso quella
basilica-cattedrale di cui l’Aquinate, insieme a San Costanzo, ha la
titolarità.
Il ‘sosia’, invece,
dimora nella insigne collegiata di Santa Maria della Valle a Monte San Giovanni
Campano dove troneggia, in consona collocazione, nella cappella a destra
dell’altare maggiore.
Per uno di Aquino,
quando si parla di San Tommaso, il riferimento visivo non va certo al San
Tommaso di Benozzo Gozzoli o a quello del Beato Angelico né, tanto meno, a
quello di Angelo Biancini.
L’unico San Tommaso è,
per lui, il buon “Tomasone”, appunto, ‘che si venera nella città natia’:
turbante in testa, sole sul petto, penna, in alto, nella mano destra, libro in
bella mostra nell’altra e, naturalmente, il classico abbigliamento dei
domenicani. Cosicché quando capiti al cospetto del “sosia”, al primo impatto la
somiglianza è a dir poco impressionante per via della riproposizione degli
“elementi” ai quali si è appena accennato. Poi, però, ad un esame più
dettagliato ti rendi conto che questi è, forse, un tantino più slanciato ed ha
il faccione (forse) più ‘pacione’, per usare un termine in voga, e, comunque,
un tantino più giovanile. Ed anche se differisce il disegno della penna e
quello del sole, se diversa è la collocazione del libro e la caduta del
mantello, non c’è che dire: il “Tomasone” di Monte San Giovanni è proprio il
sosia di quello di Aquino.
Che le cose siano in questi termini, e
non in termini inversi, è presto detto. Scrive, infatti, mons. Rocco Bonanni (Aquino patria di San Tommaso, p. 9) che «nel
1888 la diocesi di Aquino inviò all’Esposizione Vaticana una statua di S.
Tommaso, fac-simile di quella fatta a spese della mia famiglia e che si venera
in questa Cattedrale. Il Santo Padre, l’immortale Leone XIII volle regalarla ai
religiosi Domenicani, custodi del luogo che a noi ricorda i dolori ed i trionfi
dell’Angelico in Monte San Giovanni Campano».
L’affermazione di mons. Bonanni - che
peraltro contrasta con quanto affermato da mons. Giovan Battista Colafrancesco (Il sole di Aquino, p. 227) il quale scrive
che la statua di San Tommaso venerata in Aquino fu un «dono del Papa Leone XIII»
- trova puntuale conferma in Pio Valeriani, studioso monticiano, (Monte S. Giovanni Campano ieri e oggi.
p. 50) il quale scrive che «Papa Leone XIII, in occasione del suo giubileo
episcopale, donò alla nostra città la grande statua di San Tommaso D’Aquino.
Essa fu trasportata nell’Abbazia di Casamari, da dove processionalmente il
giorno 8 marzo 1889, domenica, nelle ore pomeridiane venne portata nella Chiesa
Collegiata».
A prescindere da altre fonti
sull’argomento, ritengo che quelle proposte possano considerarsi più che
sufficienti per ‘coprire’ una eventuale ‘lacuna’ ma soprattutto come
contributo, ancorché modesto, per stimolare una rassegna sull’iconografia
tomistica nel territorio attuale del Lazio meridionale dove l’Aquinate nacque,
visse in parte e morì.
In tal senso, peraltro, deve citarsi il
recente studio di Stefano Di Palma (Il
pittore svelato: la pala d’altare della Cattedrale di Aquino e la produzione di
Pasquale De Angelis tra Arpino, Roccasecca e Posta Fibreno nel secolo XVIII.
CDSC onlus. 2017) sulla pala d’altare, per una vita abbandonata a sé stessa
presso la chiesa della Madonna della Libera, attribuita al pittore Pasquale De
Angelis. Realizzata nel 1761, raffigura l’apparizione del Sacramento a Tommaso
d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio.
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