domenica 9 settembre 2018

RECENSIONE di Tommaso Di Brango


Paolo Secondini: IL GIORNO CHE INCENDIARONO LA SCUOLA, Lulu.com (Per acquistare il libro cliccare sull'immagine di copertina a lato)

Quando gli scrittori italiani hanno raccontato la scuola lo hanno fatto soprattutto per idealizzarla o per demolirla polemicamente. Per questo motivo si può dire che, pur inserendosi in un filone narrativo consolidato, Il giorno che incendiarono la scuola di Paolo Secondini ha da vantare un discreto grado di originalità. Questo agile romanzo, il cui sobrio e ironico realismo smentisce - o, forse, offre una paradossale conferma - al tono vagamente surreale del titolo, riesce infatti a raccontare l’universo scolastico schivando entrambi gli atteggiamenti sopra menzionati.
Lo strumento che permette questa rivisitazione narrativa del mondo della scuola è la caratterizzazione del narratore-protagonista, ovvero un professore quotidianamente intento a misurarsi con le piccole e grandi vicissitudini impostegli dal suo mestiere. In questo modo, infatti, Secondini riesce a mostrare la scuola non come luogo di formazione - e, quindi, ambiente da giudicare in base all’orizzonte d’attesa che suscita nella società e alla qualità dei risultati che garantisce - ma, piuttosto, come luogo di lavoro fatto di gioie, dolori, ansie, infantilismi ma, soprattutto, seccature. Accade, così, che il lettore si imbatta in alunni che rifiutano l’insegnamento dei docenti non per un più o meno definito spirito ribellistico ma perché, semplicemente, allo studio preferiscono il divertimento; oppure in genitori che nella scuola non vedono un luogo di emancipazione culturale e sociale ma solamente uno spazio adibito all’erogazione di titoli (il proverbiale “pezzo di carta”) da spendere sul mercato del lavoro; o, ancora, in bidelli presi da attacchi isterici, collegi docenti in cui a farla da padrona è la retorica ministeriale dello svecchiamento della prassi didattica, professori che palesano senza mezzi termini il loro disprezzo per alunni e colleghi ecc.
Da tutto questo emerge, chiaramente, una vera e propria diminutio del mondo della scuola che si riverbera anche nelle scelte narrative e stilistiche di Secondini. L’intero romanzo, infatti, è costruito mediante la giustapposizione di aneddoti più che attraverso l’elaborazione di una vera e propria fabula, e il combinato disposto di narratore autodiegetico e narrazione al presente indicativo conferisce al tutto un tono dimesso, estraneo all’implicita valorizzazione della materia narrativa che si sarebbe potuta ottenere volgendo il racconto al passato prossimo o remoto. Il professore del Giorno che incendiarono la scuola non racconta, in altre parole, una storia che merita di essere rievocata scavando nella memoria, ma al contrario dispone di schegge narrative, pezzi di narrazione di cui offre testimonianza quasi in presa diretta, come se stesse scrivendo degli appunti su un diario o un taccuino e sfiorando talvolta tonalità crepuscolari.

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