Stanno
seduti in cerchio silenziosi, qualcuno è in piedi alle loro spalle.
Silenziosi
e seri i giocatori guardano le carte e si guardano, come pronti ad un rito.
Le
mani carezzano le carte come per scongiuro, lo sguardo attento, il viso
impenetrabile.
Dietro,
chi spia le carte tace, in attesa della prima calata del gioco.
“Busso”
e giù una carta con un pugno rumoroso: le carte cadono come foglie sul tavolo e
una mano le raccoglie avida.
“Ri-busso”
e giù un altro colpo fragoroso.
I
giocatori si guardano attenti, le bocche serrate, le mani già pronte alla
raccolta.
Gli
spettatori osservano, bisbigliando gli uni con gli altri, qualche commento in
sordina.
“Liscio”,
e una carta strusciata sul tavolo come una carezza, e giù altre carte sino alla
fine.
Poi
lo scoppio improvviso di voci e commenti, mentre qualcuno conta avido i punti:
“Non dovevi lisciare”, “Ma se tu avevi un carico dovevi calare”, e via una
tempesta quasi litigiosa: “Non sai giocare!” “Che dici? tu hai sbagliato a
caricare.”
Poi,
di colpo, tutto si acquieta, qualcuno mischia ancora le carte, le mani pronte
ad afferrare.
E
di nuovo il silenzio, mentre il sole indora con forza gli alberi lontani.
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