tag:blogger.com,1999:blog-69896842943885009772024-03-12T20:48:58.535-07:00cronache aquinatihttps://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.comBlogger79125tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-81442803430200796672019-10-15T20:53:00.001-07:002019-10-15T20:53:19.324-07:00RECENSIONE di Peppe Murro
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-HBzd5gWwnkw/XaaUHpVrWLI/AAAAAAAAJSM/rE_yDiKMQ18JAAyayz9rPDGB-gP3JxnAgCLcBGAsYHQ/s1600/cop%2Blibro.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1085" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-HBzd5gWwnkw/XaaUHpVrWLI/AAAAAAAAJSM/rE_yDiKMQ18JAAyayz9rPDGB-gP3JxnAgCLcBGAsYHQ/s320/cop%2Blibro.png" width="216" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Anche ad Aquino abbiamo
il nostro Simenon o, se volete, un nuovo Chandler ! In questo nostro paese,
ricco di critici letterari, di storici, di poeti e saggisti, mancava
decisamente uno scrittore di romanzi polizieschi. E Paolo Secondini ha riempito
questo vuoto ! Il suo “noir” all’italiana, <i>“Il fine giustifica i mezzi” </i>è
un bel romanzo di genere che si lascia leggere d’un fiato, con un andamento
lineare e un ritmo incalzante, tutto racchiuso nelle ore di vigilia di un
Natale qualsiasi in un paesino qualsiasi d’Italia. Con una scrittura lieve e
precisa ed un’estrema pulizia lessicale, Paolo ci accompagna nelle indagini del
Maresciallo Cargiulli e, con sentimento ed ironia, verso la conclusione
inaspettata del caso di omicidio di cui lo stesso si occupa.La trama non è
monocorde, ma si gioca tutta con una serie di figure ben tratteggiate, dal
senzatetto Lappi allo zelante appuntato Frinieri, dal loquace barbiere Alfredo <i>Barba
e capelli </i>alla escort Elvira Benedetti, dalla vedova Deretti alla saggia
cameriera Antonietta Filangia: tutti personaggi con una loro specifica identità
e logica, perfettamente inseriti in una vicenda delineata con sentimento ed
ironia.Non è il caso che io riveli chi è l’assassino, ma posso dire che il
racconto si legge d’un fiato e la sorpresa finale è assicurata.Del piacere
provato nella lettura devo ringraziare Paolo e invitarlo, con sincera amicizia,
a fornirci altre delizie.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-68359437360534619562019-09-15T07:59:00.002-07:002019-09-15T08:00:51.875-07:00FONTANA DELLE NAIADI<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-m7r5IW6N1aQ/XX5RgemSwlI/AAAAAAAAJQg/wBK0OW76oBsRXN3An4vDFklLx0HKVzAFgCLcBGAsYHQ/s1600/Senza%252520titolo-6B.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="607" data-original-width="770" height="315" src="https://1.bp.blogspot.com/-m7r5IW6N1aQ/XX5RgemSwlI/AAAAAAAAJQg/wBK0OW76oBsRXN3An4vDFklLx0HKVzAFgCLcBGAsYHQ/s400/Senza%252520titolo-6B.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Passano gli anni. Inesorabilmente.
Scompaiono uomini e cose.
Ma molte antiche costruzioni architettoniche, o resti di queste,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sembrano fidare i tempi.
Non sempre è così. <br />
Alcuni monumenti, anche più recenti, di sicuro belli, caratteristici, non hanno
lasciato alcuna traccia, come dissolti nel nulla… <br />
È il caso della bella e artistica Fontana delle Naiadi, esistente ad
Aquino, nell’attuale piazza San Tommaso.<br />
Quale il motivo della sua scomparsa?<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-66120882833762493432019-04-30T10:38:00.002-07:002019-04-30T10:47:39.550-07:00DIOMEDE: LA FRECCIA di Peppe Murro<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-d7kDjbvSdmM/XMiIGh_TTeI/AAAAAAAAJNs/OucHZIM590ozykEr0Ri6qAA_JGfoLsY3wCLcBGAs/s1600/diomede%2Bla%2Bfreccia.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="311" data-original-width="189" src="https://2.bp.blogspot.com/-d7kDjbvSdmM/XMiIGh_TTeI/AAAAAAAAJNs/OucHZIM590ozykEr0Ri6qAA_JGfoLsY3wCLcBGAs/s1600/diomede%2Bla%2Bfreccia.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">C’erano i fratelli Mazzaroppi, “i moschettieri”, votati alla
squadra con tenacia e passione; c’erano Adriano e Gigino, “le torri”, imperiosi
in attacco e al centro; c’era Biagino, “la roccia”, che in difesa non faceva complimenti
a nessuno e fermava ogni attaccante, con le buone o, talvolta, con le cattive.
E poi c’era lui, Diomede, “la freccia”, quello che più di altri accendeva i
nostri cuori e le nostre gole: un’ala d’attacco come non si era mai visto nella
squadra di calcio aquinate!<br />
Mario “Diomede” era un bolide imprendibile quando partiva sulle fasce, palla al
piede e dribbling fulminante, provocando brividi di paura alla difesa
avversaria ogni volta che convergeva al centro: e noi, seduti sul muro di cinta
del campo sportivo ad urlare “forza Mario, forza Diomede!...passa…tira !”<br />
E una volta, per la foga, Umberto cadde dal muro, e per sua e nostra fortuna
cadde su un mucchio di pozzolana, guadagnandosi, comunque, per tutti noi la
solenne e tassativa proibizione di salire ancora sul muro. Ma anche attaccati
alla rete di recinzione i nostri incitamenti non erano da meno e, per farci
sentire di più, quando si cambiava campo cambiavamo posto anche noi, correndo
immancabilmente verso la porta avversaria dove di sicuro sarebbe spuntato lui,
Diomede “la freccia”, a farci gridare e gioire al goal in arrivo.<br />
Come tutte le cose, un giorno anche la sua carriera di calciatore finì: Mario
“Diomede, la freccia” appese, come si suol dire, le scarpe al chiodo, anche se
per noi restava sempre “la freccia”, il guerriero che, senza essere Achille, ci
aveva esaltato e fatto sognare.<br />
L’ho ritrovato dopo tempo a coltivare le sue passioni: pizza, dolci e infine,
gelati.<br />
Quando aprì “Il Giardinetto” fu un successo enorme: la gente faceva la fila per
gustare le sue creazioni. E ogni volta mi chiamava per farmi vedere come aveva
combinato le coppe di pistacchio e cioccolato, le guarnizioni di frutta, la
polvere di cacao. Ero contento per lui, mi sembrava giusto il suo successo,
quasi una ricompensa per la gioia e le emozioni che ci aveva regalato: non era
più “la freccia”, ma restava per sempre e per tutti “Diomede”!<br />
L’anno seguente, visto il successo, decise di ingrandirsi, come si dice, di
“fare il grande salto”: non ci crederete, ma tante sere le abbiamo passate a
guardare i tavoli desolatamente vuoti; i compaesani sembravano dissolti nel
vuoto. In breve, di quelle file di clienti si era persa ogni traccia, anzi,
sembrava quasi che ai suoi concittadini non piacesse più il gelato. Inutile dire
che chiuse l’attività. “Diomede” andò via, a tentare caparbiamente la sorte
lontano dai suoi distratti concittadini.<br />
Un giorno seppi che era morto, in una terra che non era la sua, e mi parve
giusto che i suoi compaesani fossero assenti alla sua morte come lo erano stati
nella vita. E provai rabbia, pensando a quanto labile successo ti riservi
questo paese: un giorno ti osannano e l’indomani ti ritrovi solo.<br />
“Ingrata patria…” griderebbe Virgilio, ma non è il caso. A me piace ricordarlo
come l’altro “Diomede”, eroe misconosciuto di greci distratti e vili,
ricordarlo il “Diometro” di Rosino: gelataio… pasticciere… ”la freccia”…
per sempre.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<o:p><span style="font-family: "calibri";"> </span></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<o:p><span style="font-family: "calibri";"> </span></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<o:p><span style="font-family: "calibri";"> </span></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<o:p><span style="font-family: "calibri";"> </span></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<o:p><span style="font-family: "calibri";"> </span></o:p></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-70162333758747144732019-03-30T02:58:00.001-07:002019-03-30T02:58:49.013-07:00UN RICORDO PERSONALE DELL’ON. MORO di Camillo Marino<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-79TKCu24zsg/XJ89xKMU74I/AAAAAAAAJMU/YRmZPF3eekQ8_glQBauBAzRHa-_XBuYqQCLcBGAs/s1600/UN%2BRICORDO%2BPERSONALE....png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="249" data-original-width="202" src="https://1.bp.blogspot.com/-79TKCu24zsg/XJ89xKMU74I/AAAAAAAAJMU/YRmZPF3eekQ8_glQBauBAzRHa-_XBuYqQCLcBGAs/s1600/UN%2BRICORDO%2BPERSONALE....png" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Nell'anno 1972
lavoravo a Ceprano, presso la cartiera Vita Mayer, in qualità di impiegato
tecnico. Fu in quello stesso anno, sollecitato ed incoraggiato da alcuni amici
di Aquino, in particolare da Carmine Miele, ad iscrivermi alla facoltà di
Giurisprudenza all'Università La Sapienza di Roma.<br />
A Ceprano lavoravo anche di domenica essendo responsabile della manutenzione.<br />
Il martedì, unico giorno di libertà dal lavoro, lo dedicavo agli studi.<br />
In compagnia di Carmine mi recavo a Roma, in treno ovviamente, per frequentare
le lezioni in facoltà.<br />
La facoltà di Giurisprudenza era ubicata sopra quella di Scienze Politiche dove
Moro era professore di diritto di procedura penale.<br />
Un giorno io e Carmine, prima di entrare nella nostra facoltà, vedemmo un certo
movimento nella facoltà di scienze politiche...<br />
C'era Moro, all'epoca era segretario della DC e ministro degli Esteri, che
s'intratteneva in colloquio con numerosi studenti ,nell'atrio della facoltà.
Fuori ad attenderlo la sua scorta.<br />
L'amico Carmine, senza esitazioni, mi esortò <br />
ad avvicinarci per poter scambiare qualche parola con l'on. Moro.<br />
Con mia grande meraviglia non solo ci ascoltò <br />
ma fu di una cortesia straordinaria.<br />
Carmine sottolineò la nostra provenienza.... Aquino e il discorso non potette
fare a meno di coinvolgere il nostro San Tommaso.<br />
Fu molto partecipe e curioso rivolgendoci molte domande.<br />
Da quel primo incontro ne seguirono molti altri.<br />
Carmine, negli incontri successivi, gli fece dono di alcuni numeri della Voce
di Aquino.<br />
Si era instaurato un piacevole rapporto...<br />
A tale proposito ricordo che un giorno, io non c'ero, Carmine incontrò per
l'ennesima volta l' on. Moro. Un improvviso e violento acquazzone gli impedì di
recarsi alla stazione Termini per prendere il treno che lo avrebbe riportato a
casa, ad Aquino.<br />
Per farla breve l'onorevole Moro diede ordine<br />
al maresciallo Leonardi, suo capo scorta, di accompagnare Carmine ad Aquino. E
così avvenne....<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-37769489983972425332019-02-21T08:21:00.004-08:002019-02-21T08:21:52.663-08:00QUANDO DA TOLOSA ARRIVO’ LA RELIQUIA DI SAN TOMMASO di Costantino Jadecola<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-AhPonYIqTN0/XG7QEPFCHoI/AAAAAAAAJLY/0fjc4uOxFUwYtK-mM382iZOEURzJyqi5ACLcBGAs/s1600/Era%2Bil....png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="266" data-original-width="510" height="166" src="https://1.bp.blogspot.com/-AhPonYIqTN0/XG7QEPFCHoI/AAAAAAAAJLY/0fjc4uOxFUwYtK-mM382iZOEURzJyqi5ACLcBGAs/s320/Era%2Bil....png" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">È stato un pomeriggio che difficilmente sì potrà
dimenticare, quello vissuto oggi dal popolo di Aquino e dalle centinaia e
centinaia di fedeli qui convenuti dai centri limitrofi per assistere alle
cerimonie liturgiche celebrate per la solenne consacrazione della nuova
cattedrale a San Costanzo ed a San Tommaso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">A questo rito era connesso, come già da noi
ampiamente illustrato, l'arrivo dalla cattedrale di Tolosa di una santa
reliquia del corpo di San Tommaso - una costola - prezioso e munifico dono per
il quale si deve essere grati alla chiesa della città francese ed al suo
Arcivescovo, mons. Gabriele M. Garrone, che, sensibile ad un antico e nobile
desiderio degli aquinati, ha arricchito la chiesa di Aquino di così grandissimo
dono.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Proprio con l'arrivo della santa reliquia sono
iniziate le previste, solenni manifestazioni, lì ad Arce, estremo limite della
diocesi di Aquino.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Fin dalle
14, i fedeli attendevano l'arrivo della santa reliquia: man mano la folla si è
andata vieppiù ingrossando, mentre cominciavano a giungere le autorità. Tra
queste erano il Sindaco di Aquino e quello di Arce, il Sindaco di Rocca d'Arce,
il tenente dei Carabinieri della tenenza di Pontecorvo, Giosuè Candita, le
autorità ecclesiastiche delle diocesi consorelle di Sora e Pontecorvo, tutti i
parroci della diocesi. Era presente, inoltre, un folto gruppo di orfanelli e di
seminaristi guidati dal loro rettore don Antonellis ma vi era, soprattutto,
tanta, tanta gente. Tanti fedeli.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Poco dopo le 15 una vivace animazione ed
emozione ha pervaso gli astanti: difatti, è comparsa, giù, in fondo alla
discesa, vicino al cimitero di Arce, la macchina del Vescovo di Aquino che
portava la tanto attesa reliquia. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Essa era deposta in un nero cofanetto di legno
del Libano, sigillato, che a sua volta poggiava su un cuscino di fiori. Il
tutto era tra le mani da mons. Alfonso Masiello,</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: Calibri;"> dell</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">a cattedrale di Tolosa. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">In un attimo la gran folla di fedeli ha fatto
cerchio intorno ad essa: cento e cento mani protese che cercavano di toccarla
ed indicibili manifestazioni di gioia nel mentre che la reliquia è stata dapprima
benedetta e poi virtualmente prelevata dal reverendissimo Capitolo della
cattedrale di Aquino.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Subito dopo si è formato un lungo corteo. Esso
era aperto dagli agenti della Polizia della Strada seguiti da numerosissimi
motociclisti e da ancor più numerose auto. Scortate dai Carabinieri venivano
poi le auto degli eccellentissimi Vescovi Biagio Musto, Enrico Compagnone,
Reginaldo Addazzi e quella con mons. Alfonso Masiello che portava la santa
reliquia. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Lentamente sono stati percorsi i quindici
chilometri che separano Arce da Aquino, spesso tra due fitte ali di folla
plaudente.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L'arrivo ad Aquino è stato salutato dalla
numerosissima folla che attendeva in Piazza San Tommaso e dal suono
ininterrotto delle campane della cattedrale. In breve tempo, piazza San Tommaso
si è riempita di centinaia di auto. E, proprio in piazza, finalmente la santa
reliquia è stata mostrata al pubblico. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Anche qui si sono ripetute le scene di commossa
religiosità cui avevamo assistito ad Arce. Appena dopo, mons. Biagio Musto ha
dato lettura della lettera inviata dall'Arcivescovo di Tolosa, nella quale l'illustre
prelato francese manifestava i suoi personali sentimenti di fraterna amicizia,
formulando voti perché tra le chiese di Aquino e di Tolosa possa generarsi una
stretta comunione di preghiera e di amicizia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">È quindi iniziata la funzione per la
consacrazione della nuova cattedrale. Officiavano S.E. Mons. Biagio Musto,
Vescovo di Aquino e le LL.EE. Mons. Enrico Romolo Compagnone, Vescovo di Anagni
e mons. Reginaldo Addazzi, Vescovo di Trani Barletta, Bisceglie e Nazareth.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Gli eccellentissimi Vescovi con paramenti
violacei e mitria, preceduti dagli accoliti con la croce astile e torce accese
hanno fatto dapprima il giro della chiesa all’esterno cospargendo le pareti con
“acqua gregoriana”, rito che si è poi ripetuto all’interno del sacro edificio
con la benedizione delle pareti, del pavimento e dell’altare. Quindi, mentre il
Vescovo di Aquino consacrava l'altare centrale ai santi cui è intitolata la
cattedrale, Tommaso e Costanzo, Monsignor Addazzi e Mons. Compagnone
consacravano gli altari laterali.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La complessa cerimonia è durata più di due ore e
si conclusa con la celebrazione della Santa Messa di devozione nel mentre dal
Santuario della Madonna della Libera si è mossa la processione con la effigie
della Madre Celeste.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">In ultimo ha parlato Mons. Reginaldo Addazzi
dell'Ordine dei Domenicani cui apparteneva San Tommaso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Prendendo lo spunto dal fatto che la
Consacrazione della Cattedrale è coincisa con la festa della Libera, egli ha
parlato della più che provata devozione di San Tommaso verso la Madonna aggiungendo
che non può invece parlare, ma solo per sua ignoranza. di prove storiche della
devozione di San Costanzo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La benedizione del Vescovo Musto ha concluso la
complessa cerimonia.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-87368458609184571622019-01-25T08:04:00.001-08:002019-01-25T08:04:05.643-08:00IL TEMPO BREVE di Peppe Murro
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-3IIFtuciMzQ/XEszUwScqzI/AAAAAAAAJKc/WFh5PKi9NvYwaRtg_MMIRLQXRD5Im5L8gCLcBGAs/s1600/IL%2BTEMPO%2BBREVE.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="501" data-original-width="698" height="229" src="https://3.bp.blogspot.com/-3IIFtuciMzQ/XEszUwScqzI/AAAAAAAAJKc/WFh5PKi9NvYwaRtg_MMIRLQXRD5Im5L8gCLcBGAs/s320/IL%2BTEMPO%2BBREVE.jpg" width="320" /></a><br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-bidi-font-family: Arial;">Era una di quelle primavere che ti lasciano un sapore strano nei
pensieri, fatto di profumi, di nuovi odori, di colori e sensazioni rinnovate.<br />
Il vecchio <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Zi’ ‘Ntonie</i> stava lì,
seduto su una panchina a godersi un sole leggero. Noi ragazzacci volevamo
sentire un po’ di storie per combattere la noia del pomeriggio e ci siamo
avvicinati.<br />
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Neh, Zi’ ‘Ntò che fai? te staie a
refrescà?”<br />
</i>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Che caspita refrescà! aecch fa call,
e gliu temp è pure bbone!”<br />
</i>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sì, penza a gliu temp, tu…”<br />
</i>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Eh, vagliù, ce penz, ce penz… e pure
a natu temp… Credetem, vagliù, da vecchie gliu temp deventa chiù preziuse: le
cose che prima te parevn mportant, la fatica, gli sold, le femmen, mo’ valen
semp de men, ca se capisce che ce stann ate cose che te tea tené care.”<br />
“ E qual ate cose, neh Zi’ ‘Ntò ?”<br />
“Ehhh, gl’amice, gl’ affett e pure la salut…!”<br />
</i>Si calcò bene il cappello in testa, ci guardò uno per uno, schierati in
fila di fronte a lui ad ascoltarlo e ridacchiare, e continuò:<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Ua mo’ pensat ca è mportant tené gli sold
pe se divertì, chiappà le femmene, chelle vaglion che mo portn le vest tant
cort che se s’abbassen se glie vede tutt gliu panurama; però..”<br />
“Eh,”</i> lo interrompe Franco che teneva il filo dello sfottò, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma pecché a te nte piaceven le femmene?”<br />
“Eccom se ne me piaceven… sule ca agli temp nostr, invece de ste vestarelle a
straccitt, le femmen purtaven tant de chella robba ncoglie che pe arrivà agliu
ginocchie duiva aiavesà quindic suttane, e quann ce arrivav, se te ce faceven
arrivà, te s’era passata la voglia…”<br />
“Ma che staie a dì, Zi’ ‘Ntò”</i>ribatté Franco <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“è pecché nn eravate capac…”<br />
“Ma che cazz staie a dì… !”</i> ribatté indispettito <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Nua agli temp nostr</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rumpavan
gliu cul agli cellitt…”</i> e noi a ridere di colpo , sguaiati, e Camillo a farne
subito l’imitazione.<br />
Forse ci guardò con un po’ di fastidio o di rabbia, o compassione, di sicuro in
modo strano, e noi lì ancora a ridacchiare e punzecchiare.<br />
Ad un certo punto arriva un tizio, giacca scura, gilet semisbottonato contro
cui premeva una pancia imperiosa: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Bongiorn,
Zi’ ‘Nto’</i> “ gli fece.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Bongiorn, Glibbrù”</i> e gli fece un po’
di posto sulla panchina.<br />
Noi stavamo parlando di fatti nostri e ci eravamo allontanati di qualche passo.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Glibbruccio</i> si sedette con calma,
tirò fuori da una tasca una pipa di coccio, affondò il pollice un paio di volte
sulla bocca della pipa, tirò fuori dalle tasche un fiammifero e con molta calma
lo sfregò per terra, accendendosi la pipa. Fece due o tre tirate con un piacere
consueto, tirando fuori in silenzio un fumo biancastro e grigio.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Zi’ ‘Ntonie</i> si era piegato con i
gomiti sulle ginocchia come se stesse pensando; <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Glibbruccio</i> s’era sdraiato comodamente, appoggiandosi allo schienale
della panchina.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Allora, Zi’ ‘Ntò, nce raccunt chiù
gnende de quann rumpavate gliu cul agli cellitt?</i> “ dicemmo provocandolo con
sarcasmo e pregustando un’altra risata.<br />
Non ci ascoltò, forse non ci sentì neppure, perso nei suoi pensieri. Capimmo
che la chiacchiera era finita e il divertimento sfumato troppo presto.<br />
Ci allontanammo senza altre parole. <br />
Io mi fermai a guardarli, due vecchi, seduti su una panchina. La piazza poteva
anche essere deserta per loro, e forse lo era per davvero.<br />
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Il tempo breve, il tempo dei vecchi…” pensai,
mentre Camillo perfezionava la sua imitazione.<br />
Ci sparpagliammo quasi di colpo, salutandoci appena. <br />
Mi girai verso la panchina: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Glibbrucce</i>
fumava ad occhi socchiusi, in silenzio. Pensai che si può fermare il tramonto,
ogni tramonto: basta chiudere gli occhi.<br />
Intanto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Zi’ ‘Ntonie</i> si passava la
mano sul viso, stringendo le guance magre; quasi come in un sospiro si aggiustò
di nuovo il cappello, tornando a piegarsi sulle ginocchia, lo sguardo ai suoi
piedi.<br />
Aveva tempo, il tempo breve dei vecchi.</span><span style="font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-28237086242155690582018-12-06T07:57:00.003-08:002018-12-06T07:57:56.205-08:00AMARCORD... GINO BARTALI AD AQUINO di Camillo Marino<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-UUX4_G9O23Q/XAlG8mTB2jI/AAAAAAAAJKA/ZeKkBaDHXgkp0zEcj3b0NgJSuC0uIBuvACLcBGAs/s1600/AMARCORD...%2BGINO%2BBARTALI.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="239" data-original-width="188" src="https://2.bp.blogspot.com/-UUX4_G9O23Q/XAlG8mTB2jI/AAAAAAAAJKA/ZeKkBaDHXgkp0zEcj3b0NgJSuC0uIBuvACLcBGAs/s1600/AMARCORD...%2BGINO%2BBARTALI.jpg" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Il 101° giro ciclistico d' Italia è partito da Israele
in onore di Gino Bartali che si prodigò molto a favore degli ebrei durante
l'ultimo conflitto mondiale.<br />
Gino Bartali, leggendario campione, nel 1977 fu indimenticato protagonista ad
Aquino in occasione dei campionati regionali di ciclismo riservato agli allievi
e organizzato dal compianto Pasquale Piacente.<br />
Intorno a quegli anni Piacente diede vita al gruppo sportivo omonimo di
ciclo-amatori.<br />
Della squadra feci parte anch'io e molti amici aquinati.<br />
Pasquale Piacente, aquinate doc, gioielliere con attività a Roma, fu un grande
appassionato della bicicletta.<br />
Quando gli fu proposto di organizzare, ad Aquino, il campionato regionale di
ciclismo per allievi, pensò bene di affidare al mitico Bartali il ruolo di
"starter" della competizione.<br />
Bartali fu presente ad Aquino nel 1977 e nell'anno seguente,1978,in occasione
di un imponente raduno di ciclo-amatori.<br />
In quella occasione ebbi la fortuna di sedere al suo fianco, nella sua
macchina, una Golf-Wolkswagen della ditta Giordani a cui il campione era legato
da impegni pubblicitari.<br />
Con la Golf di Bartali, dotata di impianto di amplificazione, annunciavo al
microfono il passaggio dei ciclisti nei vari paesi dove la carovana passava:
San Giorgio a Liri, S.Apollonare, Sant'Angelo in Theodice, Cassino con ritorno
ad Aquino.<br />
Durante il percorso Bartali, personaggio dotato di grande umanità, di simpatia
e di una semplicità disarmante, si aprì con me anche a suoi ricordi personali.<br />
Non poté fare a meno di parlare del suo mitico rivale Fausto Coppi.<br />
Raccontò di Coppi, della sua capacità di saper sfruttare l'immagine a fini
pubblicitari.<br />
Questo, ovviamente, consentì a Coppi lauti guadagni.<br />
A tale proposito, Bartali aggiunse che, al contrario del suo storico rivale,
egli non era stato capace di ricavare vantaggi economici dalla sua grande
popolarità.<br />
Altro ricordo nitido del grande<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ginettaccio</i> <br />
fu quello relativo alla proiezione di un filmato muto che narrava le sue gesta
al Tour de France nel 1948.<br />
La proiezione avvenne, di sera, nella piazza di Aquino.<br />
Al microfono raccontavo ciò che Bartali, seduto al mio fianco, mi suggeriva.<br />
In piazza numerosissimi aquinati e non solo<br />
potettero vedere un film, in bianco e nero, con Gino Bartali assoluto
protagonista e trionfatore in quell'epico Tour del 1948.<br />
In Italia quell'anno si rischiò la guerra civile <br />
per l'attentato a Palmiro Togliatti leader comunista.<br />
L'entusiasmo per la vittoria al Tour di Bartali <br />
scongiurò tale pericolo.<br />
Questo è un bel ricordo per me e per molti aquinati che ebbero l'onore e il
piacere di conoscere una figura leggendaria dello sport:<br />
Gino Bartali, un grandissimo campione, un grandissimo uomo!<br />
Per concludere, sottolineo ancora una volta <br />
l'abilità, l'intraprendenza dell'indimenticabile organizzatore, Pasquale
Piacente, artefice della presenza di Gino Bartali ad Aquino quaranta e più anni
fa...<br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-42891269482045991562018-11-05T01:39:00.001-08:002018-11-05T01:40:47.868-08:00UNA GITA A CASERTA di Gianni D'Orefice<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-RtvYzBsn2xM/W-APTJhGKxI/AAAAAAAAJIs/5h7BZ9WapS0-8lPuaV9DEBrngm2IGtAbQCLcBGAs/s1600/Caserta%2B1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="602" data-original-width="478" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-RtvYzBsn2xM/W-APTJhGKxI/AAAAAAAAJIs/5h7BZ9WapS0-8lPuaV9DEBrngm2IGtAbQCLcBGAs/s320/Caserta%2B1.jpg" width="254" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 9pt; line-height: 107%;">Nel
gruppetto davanti alla fontana ci sono io, Giovanni D’Orefice, il più piccolo
in alto a sin.,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>al mio fianco<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Mario Tomassi, mio vicino di casa, davanti
Carletto<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>(di cui non ricordo il cognome)
e Biagino Tedeschi.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Tra gli innumerevoli ricordi
che ci riportano al nostro passato cui abbiamo assistito o partecipato ogni
tanto riaffiorano vicende che ci appaiono più vivaci. Nel caso specifico
l’occasione mi è data dal ricordo che Tonino Grincia ha fatto per le Cronache Aquinati
della biblioteca comunale aquinate degli anni ’60, quando fu trasferita nella
sede della nuova scuola elementare di Via della Libertà.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Credo che non siano molti coloro che
ricordano che la precedente sede era sita in un locale ricavato sotto la casa
del compianto Libero Marsella, proprio all’inizio di via Giovenale.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-ZjnNMVxQV74/W-APakP2xZI/AAAAAAAAJIw/8gvyBblZWpMwyKPXaz6penCJ4fg-VI6EwCLcBGAs/s1600/Caserta%2B%2BGianni%252C%2BBiagino%2Be%2Bforse%2Bun%2Bcerto%2BSpada.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="614" data-original-width="516" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-ZjnNMVxQV74/W-APakP2xZI/AAAAAAAAJIw/8gvyBblZWpMwyKPXaz6penCJ4fg-VI6EwCLcBGAs/s320/Caserta%2B%2BGianni%252C%2BBiagino%2Be%2Bforse%2Bun%2Bcerto%2BSpada.jpg" width="268" /></a>Il bibliotecario era sempre il maestro Luigi Manna, uomo dal carattere dolce e
sereno.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>In questo caso la biblioteca era
a poca distanza dalla mia casa, e quindi mi risultava facile raggiungerla anche
di sera.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
Divenni, perciò, un assiduo frequentatore e ciò creò un certa confidenza del
buon maestro Manna. Eravamo negli anni ’50 e i libri in casa non erano tanto
disponibili. Allora cominciai a leggere libri a un ritmo di uno ogni due o tre
giorni, secondo il numero di pagine, tanto che alla fine di qualche anno di
assidua frequentazione conoscevo la quasi totalità dei libri, che certo non
dovevano essere di elevato numero. Così avvenne che ero in grado di consigliare
ai giovani lettori, che frequentavano il centro, i libri da leggere, di cui
fornivo una breve sintesi del contenuto.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Si formò così un gruppo di assidui lettori e da cui nacque l’idea del
maestro di premiarci con la proposta di fare una gita alla Reggia di Caserta.
Una gita!!? Fatto per noi del tutto nuovo ed entusiasmante. Così una bella
domenica di giugno, dopo la chiusura della scuole, organizzammo il
viaggio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Indossammo gli abiti della
festa e partimmo alla volta di Caserta. Arrivati nella piazza antistante la
reggia restammo affascinati dalla grandezza e dallo splendore della facciata
esterna. Entrati, ci trovammo davanti una scala enorme<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che portava ai piani superiori e cominciammo
la visita delle stanze regali per<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>noi
sembravano quelle delle favole lette sui libri!<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>A seguire, facemmo la lunga passeggiata nel parco fino alla fontana
abbellita dal gruppo marmoreo di Diana e Atteone, sui cui domina la grande
cascata! La nostra curiosità era sicuramente tanta che cercammo di
risalire<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il percorso che faceva la
discesa dell’acqua, quasi volessimo scoprire da dove provenisse! <br />
La giornata fu immortalata con lo scatto di alcune foto che avevo acquistato
credo per l’occasione una Comet II ( la preistoria delle macchine fotografiche
di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>oggi).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Alcune di quelle foto le ho conservate e le
propongo per ricordare anche alcuni dei partecipanti alla prima gita della
nostra vita!<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-L6cquAPrm5o/W-APk-pTioI/AAAAAAAAJI4/CznzXh1gSSYRw7aHxHwhH2CK5QEF_rPAACLcBGAs/s1600/Caserta%2B%2BGianni%2Bsu%2Buna%2Broccia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="647" data-original-width="434" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-L6cquAPrm5o/W-APk-pTioI/AAAAAAAAJI4/CznzXh1gSSYRw7aHxHwhH2CK5QEF_rPAACLcBGAs/s320/Caserta%2B%2BGianni%2Bsu%2Buna%2Broccia.jpg" width="214" /></a></div>
<o:p></o:p><br /></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-16505123463989887072018-10-27T07:56:00.003-07:002018-10-27T07:56:52.212-07:00RICORDO DI UN ARTISTA di Paolo Secondini
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Te-IEa0swB8/W9R8oOLq4_I/AAAAAAAAJIQ/r_PFXNr18-YJCKEg8ra7O-CDBO2EZnK1ACLcBGAs/s1600/PITTORE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1600" height="270" src="https://1.bp.blogspot.com/-Te-IEa0swB8/W9R8oOLq4_I/AAAAAAAAJIQ/r_PFXNr18-YJCKEg8ra7O-CDBO2EZnK1ACLcBGAs/s400/PITTORE.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Non
una nota commemorativa vuol esser la presente, ma un semplice, vero, sincero
ricordo di Antonio Di Marco, pittore, scultore e carissimo amico, che ci ha
lasciati, dopo lunga malattia, per approdare ad altri lidi, quelli celesti,
dove di certo continuerà a esercitare la sua grande passione per l’arte, in cui
credeva profondamente e che era, sono certo, uno dei suoi più importanti motivi
di vita.<br />
Quante volte mi sono recato a trovarlo nel suo studio – in vicolo San Costanzo,
ad Aquino –, mentre, da solo, egli era intento a dipingere una tela.
Interrompendo il lavoro, ben volentieri si soffermava a illustrarmi la sua
creazione e altre esposte sulle pareti. Ricordo quanto amore e predilezione
avesse per certi soggetti, innanzitutto religiosi, e poi ancora mitologici e letterari,
e quanta foga, quanto sentimento nell’esternare questo e quel concetto, questo
e quel pensiero, che rendeva ancor più intellegibili attraverso il segno, la
pennellata, il colore: quel colore pastoso dai toni prevalentemente caldi che
mi soffermavo a contemplare con ammirazione.<br />
Ciao, Antonio, sono certo che soggetti ben più elevati ispireranno, ora, il tuo
estro creativo, per il quale, assieme alla tua grande bontà, alla tua squisita
gentilezza, sarai ricordato.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-23004125025737543972018-10-10T02:23:00.001-07:002018-10-10T02:23:58.150-07:00MERCATO DI PAESE di Paolo Secondini<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-2DcQO5zPqkY/W73FGj9xgxI/AAAAAAAAJH0/WxLWuv2mEBobgMGOhm1exXezvoIMTN7PQCLcBGAs/s1600/mercato%2Bdi%2Bpaese.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="513" data-original-width="770" height="213" src="https://1.bp.blogspot.com/-2DcQO5zPqkY/W73FGj9xgxI/AAAAAAAAJH0/WxLWuv2mEBobgMGOhm1exXezvoIMTN7PQCLcBGAs/s320/mercato%2Bdi%2Bpaese.png" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Estate1960. Sabato notte. </span></i><span style="font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Le
ruote dei carri producono grande rumore nella strada. È un frastuono continuo,
stridente. Non si può non destarsi dal sonno. Si rimane in ascolto, immobili,
distesi sul letto. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Il
fragore dilaga; cresce di intensità. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Altri
carri giungono in fondo alla strada. Hanno ruote pesanti, cerchiate di ferro, e
sono trainati da buoi o muli o somari. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Tutta
la via, ora, risuona del loro rumore. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Nessuno
si alza dal letto, né si affaccia alla finestra, né scruta, curioso, tra le
strette fessure delle persiane. Nessuno si mostra sull’uscio, né protesta, né
impreca. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Da
anni si è abituati a questo rumore che si ripete ogni sabato notte e prelude al
mercato della domenica mattina.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">I
carri arrivano dalla campagna carichi di grossi canestri di frutta, legumi e
verdura. A guidarli son contadini dai volti scavati, magri, dalle guance
coperte di barba incolta e nera, dalle spalle ricurve. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Le
loro membra sembrano gracili, malaticce. In realtà in quei corpi, fatti di
ossa, muscoli e fibre nervose, c’è grande energia, come rivela la forza nelle
braccia e nelle gambe anche quando son vecchi. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Nell’aspetto
le donne non sono diverse dagli uomini: abiti stinti, rattoppati; mani grosse e
callose; visi bruciati dal sole e pieni di rughe (sembrano solchi in campi
riarsi); capelli senza colore né forma: quasi grovigli di stoppa…<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Il
frastuono delle ruote cessa di colpo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Non
appena i carri son fermi, i contadini saltano giù di cassetta. Le donne,
rimaste di sopra, spingono verso l’estremità senza sponda i canestri, che gli
uomini, in due o tre, a seconda del peso, afferrano e posano sul marciapiede
disponendoli in fila, uno a fianco dell’altro. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Dài,
spingi!» <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Attento
a non farlo rovesciare.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Più
forza in quelle braccia!»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«A
destra, a destra.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Tieni
ferma la mula.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Coraggio,
Rosina!»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Forza,
forza!»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Così!»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Va
bene!»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Piano!»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«Ecco,
ci siamo!»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Come
tutti i canestri son sistemati, lungo il bordo del marciapiede, ricomincia il
fragore dei carri – ancora guidati dagli uomini – che riprendono strada verso
campagna. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Le
donne, invece, restano lì, sul posto: hanno davanti qualche ora di sonno –
distese per terra o sedute, la testa reclina – vicino alla frutta, ai legumi,
alle verdure, prima che spunti il giorno; prima che la strada si riempia di
gente: uomini, donne, bambini, e risuoni di voci e grida di paese.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-27712506558716477272018-09-28T02:49:00.001-07:002018-09-28T02:49:27.002-07:00IN MARGINE A “IL GIORNO CHE INCENDIARONO LA SCUOLA” di Peppe Murro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-C9t1S7gdCRw/W635Dfb0S-I/AAAAAAAAJHc/aakrG87Ju74UR77bgnGa4pU1dnrdOrikACLcBGAs/s1600/COMMENTO%2BLIBRO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="167" data-original-width="251" height="212" src="https://1.bp.blogspot.com/-C9t1S7gdCRw/W635Dfb0S-I/AAAAAAAAJHc/aakrG87Ju74UR77bgnGa4pU1dnrdOrikACLcBGAs/s320/COMMENTO%2BLIBRO.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Il “mestiere” dell’insegnante
vive di un doppio inganno: da una parte l’oggettiva difficoltà di rapportarsi,
e spesso confrontarsi, con una diversa generazione; dall’altra quel colloso legame
affettivo che si nutre di giorni e di esperienze comuni dentro quella gabbia o
chiesa, comunque la si intenda, che è la classe.<br />
E questo, tralasciando la spesso mortificante “routine” burocratica che
l’istituzione scolastica riserva proprio a quanti dovrebbe invece rispettare e,
molto spesso, onorare per la dedizione e l’impegno con cui svolgono il loro
lavoro.<br />
Il libro di Paolo ne è una garbata testimonianza. <br />
Con una scrittura agile e snella, mai pretenziosa o magniloquente, porta a
galla giornate e figure di una realtà densamente umana proprio perché
professionalmente difficile. E’ una sorta de “Il maestro di Vigevano” ma con
minori cedimenti all’utopia o alla disperazione: personaggi come il sempre
affamato Leandri o la solitaria “secchiona” Claretti si integrano perfettamente
con la “vamp” Costante e danno consistenza e vitalità ad uno spaccato di
quotidianità che altrimenti potrebbe essere solo un quadretto di colore di un giornale
quotidiano. Né manca la fotografia di quei docenti che nella scuola realizzano
il teatro della loro magniloquente e livida ricerca di autorevolezza, ma si
tratta, come deve essere, di figure minori.<br />
Il libro è breve e di tranquilla e piacevole lettura, ma pretende che si legga
tra le righe, perché il racconto più autentico, quello non detto, il vero
“lavorare stanca” del professore, sta lì, in penombra, nascosto fra personaggi
accennati con una lieve tenerezza che li sfiora con rassegnata e delicata
partecipazione da dietro il “muro” della cattedra.<br />
E, a ben leggere, si nota la paziente umanità con cui l’insegnante si difende e
difende i ragazzi (e se volete l’intera istituzione scolastica), come un
vogatore attento in una barca di marinai distratti; vogatore silenzioso che
nasconde la sua malinconia, consapevole di un lavoro necessario quanto
difficile, che attende come il Minotauro di Borges la sua liberazione… o
testardo come l’eroina di “Via col vento” che si riassetta i capelli e sfida la
vita: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">domani è un altro giorno.<br />
</i>Grazie, Paolo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-31210246792875562432018-09-21T05:29:00.001-07:002018-09-21T05:29:07.124-07:00SAN TOMMASO E IL SOSIA di Costantino Jadecola<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-butVDOLSh_U/W6Tj_7SyzWI/AAAAAAAAJHQ/QDjp79OiQfc8se0tQfz6HqWdGGhh3sVWwCLcBGAs/s1600/SAN%2BTOMMASO%2BE%2BIL%2BSOSIA.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="947" data-original-width="885" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-butVDOLSh_U/W6Tj_7SyzWI/AAAAAAAAJHQ/QDjp79OiQfc8se0tQfz6HqWdGGhh3sVWwCLcBGAs/s320/SAN%2BTOMMASO%2BE%2BIL%2BSOSIA.jpg" width="299" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">San Tommaso ha un sosia:
una notizia non so a conoscenza di quanti ma che, nella non improbabile ipotesi
che sia ignorata dai più, vale la pena di divulgare se non altro quale
contributo alla iconografia tomistica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Dunque, San Tommaso ha
un ‘sosia’.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Si parla, beninteso, di
una statua, in particolare di quella che, come recita la didascalia del
“santino” - non se ne abbiano, per carità, a Roccasecca - ‘si venera nella
città natia’, ovvero ad Aquino, ed è custodita presso quella
basilica-cattedrale di cui l’Aquinate, insieme a San Costanzo, ha la
titolarità. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Il ‘sosia’, invece,
dimora nella insigne collegiata di Santa Maria della Valle a Monte San Giovanni
Campano dove troneggia, in consona collocazione, nella cappella a destra
dell’altare maggiore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Per uno di Aquino,
quando si parla di San Tommaso, il riferimento visivo non va certo al San
Tommaso di Benozzo Gozzoli o a quello del Beato Angelico né, tanto meno, a
quello di Angelo Biancini. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L’unico San Tommaso è,
per lui, il buon “Tomasone”, appunto, ‘che si venera nella città natia’:
turbante in testa, sole sul petto, penna, in alto, nella mano destra, libro in
bella mostra nell’altra e, naturalmente, il classico abbigliamento dei
domenicani. Cosicché quando capiti al cospetto del “sosia”, al primo impatto la
somiglianza è a dir poco impressionante per via della riproposizione degli
“elementi” ai quali si è appena accennato. Poi, però, ad un esame più
dettagliato ti rendi conto che questi è, forse, un tantino più slanciato ed ha
il faccione (forse) più ‘pacione’, per usare un termine in voga, e, comunque,
un tantino più giovanile. Ed anche se differisce il disegno della penna e
quello del sole, se diversa è la collocazione del libro e la caduta del
mantello, non c’è che dire: il “Tomasone” di Monte San Giovanni è proprio il
sosia di quello di Aquino.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Che le cose siano in questi termini, e
non in termini inversi, è presto detto. Scrive, infatti, mons. Rocco Bonanni (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Aquino patria di San Tommaso</i>, p. 9) che «nel
1888 la diocesi di Aquino inviò all’Esposizione Vaticana una statua di S.
Tommaso, fac-simile di quella fatta a spese della mia famiglia e che si venera
in questa Cattedrale. Il Santo Padre, l’immortale Leone XIII volle regalarla ai
religiosi Domenicani, custodi del luogo che a noi ricorda i dolori ed i trionfi
dell’Angelico in Monte San Giovanni Campano».<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L’affermazione di mons. Bonanni - che
peraltro contrasta con quanto affermato da mons. Giovan Battista Colafrancesco (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il sole di Aquino</i>, p. 227) il quale scrive
che la statua di San Tommaso venerata in Aquino fu un «dono del Papa Leone XIII»
- trova puntuale conferma in Pio Valeriani, studioso monticiano, (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Monte S. Giovanni Campano ieri e oggi</i>.
p. 50) il quale scrive che «Papa Leone XIII, in occasione del suo giubileo
episcopale, donò alla nostra città la grande statua di San Tommaso D’Aquino.
Essa fu trasportata nell’Abbazia di Casamari, da dove processionalmente il
giorno 8 marzo 1889, domenica, nelle ore pomeridiane venne portata nella Chiesa
Collegiata».<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">A prescindere da altre fonti
sull’argomento, ritengo che quelle proposte possano considerarsi più che
sufficienti per ‘coprire’ una eventuale ‘lacuna’ ma soprattutto come
contributo, ancorché modesto, per stimolare una rassegna sull’iconografia
tomistica nel territorio attuale del Lazio meridionale dove l’Aquinate nacque,
visse in parte e morì.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">In tal senso, peraltro, deve citarsi il
recente studio di Stefano Di Palma (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il
pittore svelato: la pala d’altare della Cattedrale di Aquino e la produzione di
Pasquale De Angelis tra Arpino, Roccasecca e Posta Fibreno nel secolo XVIII</i>.
CDSC onlus. 2017) sulla pala d’altare, per una vita abbandonata a sé stessa
presso la chiesa della Madonna della Libera, attribuita al pittore Pasquale De
Angelis. Realizzata nel 1761, raffigura l’apparizione del Sacramento a Tommaso
d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoBodyTextIndent3" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-indent: 8.5pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-11815343745764145302018-09-09T06:04:00.002-07:002018-09-12T13:36:19.892-07:00RECENSIONE di Tommaso Di Brango<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-XjNYzqNtOvY/W5UZ1A0jLgI/AAAAAAAAJHE/q3LtuL0tfJ8RE7MvokPMTbt3Yq4y4DTjQCLcBGAs/s1600/il%2Bgiorno%2Bche%2Bincendiarono%2Bla%2Bscuola.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="368" data-original-width="545" height="216" src="https://1.bp.blogspot.com/-XjNYzqNtOvY/W5UZ1A0jLgI/AAAAAAAAJHE/q3LtuL0tfJ8RE7MvokPMTbt3Yq4y4DTjQCLcBGAs/s320/il%2Bgiorno%2Bche%2Bincendiarono%2Bla%2Bscuola.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;"><em>Paolo Secondini: IL GIORNO CHE
INCENDIARONO LA SCUOLA, Lulu.com
(Per acquistare il libro cliccare sull'immagine di copertina a lato)</em></span></b></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">Quando
gli scrittori italiani hanno raccontato la scuola lo hanno fatto soprattutto
per idealizzarla o per demolirla polemicamente. Per questo motivo si può dire
che, pur inserendosi in un filone narrativo consolidato, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il giorno che incendiarono la scuola </i>di Paolo Secondini ha da
vantare un discreto grado di originalità. Questo agile romanzo, il cui
sobrio e ironico realismo smentisce - o, forse, offre una paradossale conferma
- al tono vagamente surreale del titolo, riesce infatti a raccontare l’universo
scolastico schivando entrambi gli atteggiamenti sopra menzionati. <br />
Lo strumento che permette questa rivisitazione narrativa del mondo della scuola
è la caratterizzazione del narratore-protagonista, ovvero un professore
quotidianamente intento a misurarsi con le piccole e grandi vicissitudini
impostegli dal suo mestiere. In questo modo, infatti, Secondini riesce a
mostrare la scuola non come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">luogo di
formazione </i>- e, quindi, ambiente da giudicare in base all’orizzonte
d’attesa che suscita nella società e alla qualità dei risultati che garantisce
-<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>ma, piuttosto, come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">luogo di lavoro</i> fatto di gioie, dolori,
ansie, infantilismi ma, soprattutto, seccature. Accade, così, che il lettore si
imbatta in alunni che rifiutano l’insegnamento dei docenti non per un più o
meno definito spirito ribellistico ma perché, semplicemente, allo studio
preferiscono il divertimento; oppure in genitori che nella scuola non vedono un
luogo di emancipazione culturale e sociale ma solamente uno spazio adibito
all’erogazione di titoli (il proverbiale “pezzo di carta”) da spendere sul
mercato del lavoro; o, ancora, in bidelli presi da attacchi isterici, collegi
docenti in cui a farla da padrona è la retorica ministeriale dello
svecchiamento della prassi didattica, professori che palesano senza mezzi
termini il loro disprezzo per alunni e colleghi ecc.<br />
Da tutto questo emerge, chiaramente, una vera e propria <i style="mso-bidi-font-style: normal;">diminutio </i>del mondo della scuola che si riverbera anche nelle
scelte narrative e stilistiche di Secondini. L’intero romanzo, infatti, è
costruito mediante la giustapposizione di aneddoti più che attraverso
l’elaborazione di una vera e propria <i style="mso-bidi-font-style: normal;">fabula</i>,
e il combinato disposto di narratore autodiegetico e narrazione al presente
indicativo conferisce al tutto un tono dimesso, estraneo all’implicita
valorizzazione della materia narrativa che si sarebbe potuta ottenere volgendo
il racconto al passato prossimo o remoto. Il professore del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Giorno che incendiarono la scuola</i> non
racconta, in altre parole, una storia che merita di essere rievocata scavando nella
memoria, ma al contrario dispone di schegge narrative, pezzi di narrazione di
cui offre testimonianza quasi in presa diretta, come se stesse scrivendo degli
appunti su un diario o un taccuino e sfiorando talvolta tonalità crepuscolari. <br />
</span></div>
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<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-AG7pDrGO_ig/W40392O0xwI/AAAAAAAAJGs/6xYbmci-dKMuhlgMRTLvGAOBk14YBmHPgCLcBGAs/s1600/UN%2BINCIDENTE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="573" data-original-width="820" height="278" src="https://3.bp.blogspot.com/-AG7pDrGO_ig/W40392O0xwI/AAAAAAAAJGs/6xYbmci-dKMuhlgMRTLvGAOBk14YBmHPgCLcBGAs/s400/UN%2BINCIDENTE.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">Sono andato via molti anni fa, ma questa parte di Aquino mi è rimasta
nel cuore, perché qui sono nato e qui ho vissuto la mia fanciullezza. Così
oggi, quasi per una insopprimibile nostalgia, mi sono incamminato lentamente
per la salita della parte vecchia del borgo: che differenza da come lo
ricordavo! le case sono belle e ben tenute, io invece ricordavo muri sbrecciati
e case tenute in piedi da una disperata voglia di resistere. <br />
È tutto più bello, ma mi si stringe il cuore a vedere che vi abitano poche persone.
Una volta era un brulicare di voce e di richiami, di rumori; oggi è tutto
tranquillo, tanto da attirare, e forse ho disturbato, anche qualche coppietta.<br />
Sono arrivato al primo spiazzo, quello da cui si può ammirare la fossa delle
Pentime: ricordo che sotto il portico c’era un forno, con un profumo del pane caldo
che si spandeva attorno; di fronte alle scale che salgono a sinistra, c’era una
fontanella di ferro, di quelle che si usavano per il pubblico: lì una volta
trovai Pinuccio che piangeva tutto bagnato, con le mani nell’acqua a cercare di
raccogliere una barchetta di foglie di canna intrecciate, bagnandosi sempre
più. Lo aiutai e, in uno slancio del poco altruismo che hanno i ragazzi, lo
accompagnai su per le scale. <br />
La porta era aperta, una pesante coperta legata ad un filo per tenda: sbirciando
vidi il vecchio calzolaio che in fondo, vicino ad una finestrella, batteva
furiosamente un martello su una scarpa. Mi era sempre piaciuto quel locale,
basso, con una volta a botte, credo l’unica sopravvissuta del vecchio castello.
Oggi mi rendo conto con tristezza che la proterva ignoranza o la ferocia idiota
dei tempi cosiddetti moderni al posto di quella testimonianza ha lasciato un
buco vuoto, come una bocca spalancata sul niente.<br />
Mi scuoto e passo oltre. Arrivo a quello che era il nostro regno, quella che
oggi è la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">piazzetta dei conti</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">d’Aquino</i>: a destra c’è ancora l’arco di
una porta sprangata perché con una scala portava giù alle Pentime, ma era di
legno e tutta marcia, perciò pericolosa e proibitissima, pena scapaccioni a
volontà. <br />
I nostri giochi infatti si svolgevano quasi tutti su quello spiazzo polveroso,
fra rottami arrugginiti e sterpaglie (non si direbbe a vedere oggi la
piazzetta), facendo partite di calcio con un pallone perennemente sgonfio, con
le porte sul limite, dove lo spiazzo scendeva con un declivio ripido verso il
basso, fra sterpaglie e un deposito di non ricordo cosa.<br />
Lì giocavamo, pressoché sempre, io, Angelo, Tommaso e Tonino. Un giorno a
quest’ultimo, che era il più sveglio ed audace, venne una grande idea, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">la scivularella</i>: c’erano fogli di
cartone molto spessi; lui ne prese uno, lo sistemò sul bordo della discesa e,
con un colpo di reni, si buttò giù, sollevando più invidia e stupore che
polvere. Non fece in tempo a risalire che i suoi emuli era già pronti per la
sua stessa avventura. Angelo ci rimise pure il fondo dei pantaloni, ma facemmo
più volte lo stesso gioco, impolverati e sudati, finché al solito Tonino venne
una nuova idea geniale: c’era un muretto semidiroccato all’angolo del nostro
improvvisato scivolo; Tonino sistemò di nuovo il cartone sul bordo, salì sul
muretto e con un balzo si scagliò sul cartone a velocità impressionante. <br />
Andò giù urlando di gioia e di vittoria. E voi che avreste fatto? Guai a non
fare la stessa cosa! Salì Angelo sul muretto, centrando cartone e discesa; poi
toccò a me, e andai a finire col cartone accanto a un cespuglio di ortiche.
Mentre mi grattavo furiosamente, vidi Tommaso che aveva sistemato il cartone,
guardandolo come un cacciatore che mira ad una quaglia. Salì sul muretto e
spiccò il salto.<br />
Le nostre risate di soddisfazione e il suo urlo di dolore si levarono insieme
come una bomba: arrivò giù urlando tenendosi il braccio in modo strano: seppi
dopo che si era rotto il polso battendolo sul ginocchio.<br />
Alle sue grida corsero degli adulti, aiutarono Tommaso a risalire, cercando di
consolarlo; qualcuno disse che bisognava portarlo al pronto soccorso di Pontecorvo.
Mi viene da sorridere oggi, pensando che Angelo e Tonino se l’erano squagliata
e con Tommaso e gli adulti ero rimasto, con molta apprensione, solo io. <br />
Venne il padrino di Tommaso, venne l’auto, venne la madre di Tommaso.<br />
Non so perché fecero salire anche me accanto al guidatore, forse per consolare Tommaso.
Ai sedili di dietro, il padrino e la madre di Tommaso, in mezzo lui che
piangeva e si lamentava. <br />
Non ho mai saputo se Tommaso piangeva e si lamentava per il dolore del polso
rotto o per le sberle che la madre gli andava rifilando ad ogni singhiozzo: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">delinquent, je t’accide, tu si la ruvina mia”</i>
e giù scapaccioni. <br />
A un certo punto il compare sbotta: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">E
no, cummà, accusì nze fa!”</i>.<br />
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">E
zitte cumpà, stu disgraziat me sta a levà la salut</i>” e giù altre sberle, mentre
con un grande fazzoletto si asciugava le lacrime.<br />
Ricordo che m’ero accucciato fino a scomparire, in basso sul sedile, mentre con
sollievo pensavo: <br />
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Minu mal</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ca la man nc’era la mia…</i></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-60177186006025068512018-07-18T06:26:00.001-07:002018-07-18T06:28:09.587-07:00UNA “I” DI TROPPO di Costantino Jadecola<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-u5KEaiSdlGs/W08_2eGfLxI/AAAAAAAAJGM/hHLSg8m4pco4j0MYZCcDvSUjCjru0JcCwCLcBGAs/s1600/UNA%2BI%2BDI%2BTROPPO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1179" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-u5KEaiSdlGs/W08_2eGfLxI/AAAAAAAAJGM/hHLSg8m4pco4j0MYZCcDvSUjCjru0JcCwCLcBGAs/s400/UNA%2BI%2BDI%2BTROPPO.jpg" width="293" /></a></div>
<div class="MsoBodyText3" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Era l’ultimo giorno di
agosto del 1974. Un sabato. Quel pomeriggio ad Aquino si celebrava uno dei
grandi eventi del centenario tomistico: l’inaugurazione delle nuove opere
d’arte della basilica-cattedrale nel contesto di una solenne cerimonia
presieduta da mons. Annibale Bugnini, segretario della Congregazione del culto
divino; a far gli onori di casa, oltre al parroco, mons. Giovanni Battista
Colafrancesco, c’era il vescovo diocesano, mons. Carlo Minchiatti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">E fu proprio con questi
che se la presero, prima che la cerimonia avesse inizio, alcuni cittadini di
Roccasecca per via della scritta che era stata posta sulla parete destra della
facciata della chiesa a testimoniare l’evento centenario: ‘1274 - 1974 VII
Centenario di S. Tommaso di Aquino’. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Secondo gli irati
cittadini di Roccasecca, ed era questo che mandava loro in bestia, in quella
scritta c’era una ‘i’ di troppo. Quella, per l’esattezza, che stava ad indicare
in Aquino l’appartenenza, e dunque l’origine, del Santo: ‘S. Tommaso di Aquino’.
<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Quel ‘di’, insomma, a
parer loro era del tutto fuor di luogo, avendo (notoriamente) l’Aquinate visto
la luce in quel di Roccasecca: non ‘di’, allora, bensì una ‘d apostrofo’ che
avrebbe reso giustizia alla storia placando l’ira dei paladini della
roccaseccanità dell’Aquinate. I quali, peraltro, pretesero che si provvedesse
subito ad apportare la reclamata rettifica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Gli aquinati non è che
gradirono molto la cosa: ne parlarono, commentarono l'episodio ma poi ragioni
di opportunità e soprattutto di ospitalità nei confronti sia di mons. Bugnini
che di mons. Minchiatti consigliarono di fare buon viso a cattivo gioco.
Cosicché affollarono la basilica-cattedrale e parteciparono compunti, anche se
in cuor loro un tantino adirati per quella ingerenza ‘esterna’, alla solenne ed
importante cerimonia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non tutti, però. Nel
frattempo, infatti, un manipolo di aquinati irriducibili e dunque molto, molto
infuriati per quello che non poteva non considerarsi che un vero e proprio
affronto consumato, peraltro, tra le pareti domestiche, studiarono la
contromossa e l’attuarono in un batter d’occhio. Recatisi nel negozio di stoffe
del compianto Costanzo Iadecola in via Giovenale, lì stesso realizzarono,
grazie alla presenza nel manipolo di un paio di sarti, uno striscione con un
testo breve, preciso e, come suol dirsi, compendioso: ‘San Tommaso È di Aquino’,
con una ‘È’ a caratteri cubitali che non lasciava spazio a dubbi di sorta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">L’arrivo in piazza dello
striscione fu salutato dall’entusiasmo - e che entusiasmo! - dei fedeli che
proprio allora uscivano dalla chiesa tant’è che ci volle il bello e il buono da
parte dei ‘fautori’ dello striscione stesso per evitare che la protesta ‘degenerasse’:
con la scritta rivolta verso la chiesa, esso, infatti, costituì la punta
avanzata, al limite della piazza verso l’accesso al sagrato, di una rumorosa
contestazione che costrinse le autorità ecclesiastiche (e chi non condivideva
quella manifestazione) a rimanere per molto tempo all’interno del sacro
edificio prima di decidersi a guadagnare l’uscita, ma attraverso la più
appartata porta della sacrestia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La cosa ovviamente
alimentò ancor più il disappunto degli aquinati i quali, a memoria d’uomo, per
la prima volta in assoluto - ma sarebbe stata anche l’ultima - scendevano
coralmente in campo a tutelare l’origine aquinate dell’Angelico Dottore
attraverso una manifestazione che, a scanso di equivoci, è doveroso precisare
non andò, comunque, mai al di là della protesta verbale, anche se, talvolta, un
tantino colorita, come del resto capita anche (se non soprattutto) nelle
(cosiddette) migliori famiglie.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il giorno dopo, mentre
l’anelato apostrofo sostituiva la ‘i’ nella scritta sulla facciata della chiesa
a soddisfare le richieste dei roccaseccani, lo striscione, nottetempo sistemato
a dovere (le lettere, infatti, era state solo appuntate con gli spilli),
trovava, come suol dirsi, consona collocazione tra i due grandi platani, sempre
con la scritta rivolta verso la basilica-cattedrale, a ribadire il suo
messaggio: ‘San Tommaso È di Aquino’. E lì rimase per alcuni giorni, fino a
quando cioè, approssimandosi il 14 settembre, ovvero il giorno in cui era in
programma la vista di Papa Paolo VI, non venne sostituito da un altro, più
diplomatico ma non meno eloquente: ‘La città di Tommaso saluta Sua Santità’.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Coloro i quali nel tempo hanno tentato di
sottrarre ad Aquino l’onore di aver dato i natali a San Tommaso generalmente e
puntualmente hanno evitato di prendere in considerazione alcuni aspetti che se non
attengono in modo diretto il nocciolo della questione tuttavia riconducono
senza ombra di dubbio ad essa, confermandone l’assunto. Ovvero che San Tommaso
nacque in Aquino.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Scrive mons. Rocco
Bonanni (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Aquino patria di San Tommaso</i>.
Tip. Pietro Veratti. Roma, 1903, p. 28): «Non solo gloria si accrebbe ad Aquino
con la nascita del Santo ma per essa ottenne anche favori e vantaggi, che altri
non ebbe». <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">L’ultimo dei quali, se
così può dirsi, in occasione del concordato del 1818 tra Santa Sede e Regno di
Napoli che stabilì la soppressione delle diocesi di Aquino e Pontecorvo. A
seguito di tale evento - sarà il caso di ricordare che Aquino contava a quel
tempo nemmeno mille abitanti, quindi aveva nessun peso contrattuale - il
Capitolo locale manifestò il proprio disappunto a chi di dovere rammentando,
scrive Bonanni che «l’origine del Vescovado riandava a S. Pietro Apostolo, e
che la città era la patria di S. Tommaso» (Bonanni, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">idem</i>). Bastò questo perché, con un codicillo, il Concordato venisse
modificato. Infatti, «Aquino ebbe la precedenza sulle due altre sedi unite <i style="mso-bidi-font-style: normal;">aeque principaliter</i>, in modo che i
Vescovi devono prendere sempre per primo titolo Aquino, dove fanno il primo
ingresso, mantenendo per le due altre di Sora e Pontecorvo l’alternativa»
(Bonanni, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">idem</i>), cioè ad uno Vescovo
di Aquino, Sora e Pontecorvo seguirà un Vescovo di Aquino, Pontecorvo e Sora.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ma al di là di ciò, che
pur costituisce un fatto importante, la cosa veramente degna di nota e mai
presa in seria considerazione è costituita da un particolare privilegio di cui
Aquino ebbe a beneficiare in epoche in cui se il suo splendore medievale era
ormai soltanto un lontano ricordo tuttavia era ben noto che proprio ad Aquino
erano da ascriversi i natali dell’Angelico Dottore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Fu, questo privilegio,
quello concesso da re Alfonso di Aragona il 28 novembre 1443, mentre era a
Caramanica, in terra d’Abruzzo, con il quale gli aquinati - <i style="mso-bidi-font-style: normal;">‘ipsam Civitatem Aquini, et homines ipsius
Civitatis</i> - venivano esentati dalla tassa sul sale e dal pagamento dei ‘pesi
fiscali’,<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> ‘ob reverentiam … Beati Thomae
de Aquino’</i>. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">E non si trattò,
beninteso, di un fatto occasionale. Esso, infatti, beneficiò di varie conferme
la prima delle quali il 20 dicembre 1446 da parte dello stesso Alfonso
d’Aragona mentre si trovava ad Anagni. Vi fu poi la conferma da parte di
Federico, successore di Ferdinando II, il 19 novembre e il 5 dicembre 1495 e
poi ancora quella del primo Viceré di Ferdinando III il Cattolico, ad istanza
della Duchessa di Francavilla, Costanza d'Avalos-d'Aquino, tutrice di
Ferdinando Francesco d'Aquino, utile Signore della Contea. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">L'ultima conferma del
privilegio concesso agli Aquinati, sia a onore e gloria di S. Tommaso ma anche
per le devastazioni e stragi sofferte per la fedeltà verso la real famiglia
d'Aragona, fu quella fatta da Carlo V al ritornò dalla guerra d’Africa, nella
quale, ad avere il comando supremo, fu Alfonso d'Avalos-d'Aquino. Era datata ‘Napoli,
31 dicembre 1536’ (Bonanni, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">idem, </i>p.
29).<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<h1 align="center" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
</h1>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-2772673623686211342018-07-07T02:27:00.002-07:002018-07-07T02:27:49.535-07:00LA VISITA DEL RE di Camillo Marino
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-NaMtn6z5eTQ/W0CHhIyPBdI/AAAAAAAAJGA/ThkNy__vGCYbor55e4LLa-WPppUVYVqEwCLcBGAs/s1600/LA%2BVISITA%2BDEL%2BRE.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="286" data-original-width="227" src="https://3.bp.blogspot.com/-NaMtn6z5eTQ/W0CHhIyPBdI/AAAAAAAAJGA/ThkNy__vGCYbor55e4LLa-WPppUVYVqEwCLcBGAs/s1600/LA%2BVISITA%2BDEL%2BRE.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">Quelle mura, che avevano
resistito a secoli di barbarie, ora erano un mucchio di macerie: la ferocia
imbelle della guerra moderna non aveva risparmiato né storia né arte né
memoria, e Montecassino stava lì, coi suoi muri sbrecciati come un grido verso
il cielo, col suo carico di pena e di accuse contro l’indifferenza e l’orrore,
con lo stesso grido angosciato che dall’altra parte della valle si levava sui
monti di Esperia.<br />
Uno dei gesti più luminosi nella breve carriera del “re di maggio” fu venire
lì, fra le buche delle bombe ancora aperte, per rendersi conto, per vedere,
forse per capire, ma soprattutto per testimoniare una solidarietà da troppo
tempo distratta e vestita di viltà.<br />
Fu così che Umberto II, dopo aver visitato Montecassino, venne pure ad Aquino,
paese pluribombardato e, per sua sfortuna, ferito dalle vicende della guerra.<br />
Agli aquinati non era mai capitato di avere a che fare con un personaggio così
importante! Subito la notizia corse dappertutto come suonasse una fanfara! <br />
Bisognava accogliere il re, occorreva che gli andassero incontro le Autorità
del posto, civili e religiose!<br />
Il Sindaco però era assente e fu allora incaricato di fare gli onori di casa
“Gions”, che a quei tempi faceva parte del Consiglio Comunale.<br />
Per chi non lo sapesse, “Gions” era il soprannome con cui veniva da tutti
chiamato Libero Marino, mio padre; e quel soprannome gli era stato cucito
addosso sin da giovinotto, quando recitava nella locale filodrammatica.
Infatti, in una recita doveva fare la parte di un americano che si chiamava
“Johns” e doveva recitare una battuta che divenne celebre: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Lo so, ma non ho colpa / se dal petto il cuore scappa; / voi mi
chiamate Gions / e Gions il cuor vi chiappa…<br />
</i>Così il nostro Gions, col suo bravo seguito di cittadini, si fece incontro
all’illustre ospite. Per farlo rinfrescare un po’, il re fu condotto nella
locanda “Giovenale” della famiglia Magnapera, nei locali che hanno accolto i
primi passi di Tele Universo.<br />
Non è dato sapere cosa si disse all’interno, dato che la memoria storica di
questi fatti minimi si perde facilmente; quello che è certo è che la folla
cresceva e premeva su porta e finestre con una curiosità sempre più
incontenibile. <br />
E quando il re uscì, come un sol uomo, i più esaltati lo presero in braccio e
lo portarono in trionfo in un coro di “evviva” per quelle che erano state le vie
del paese.<o:p></o:p></span></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">“Ci
fosse stata la banda, avrebbe intonato la “Marcia Reale”!”</span></i><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">,
diceva sempre mio padre, con la sua voce burbera e il suo sorriso sornione.<o:p></o:p></span><br />
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-30774564962139222872018-06-27T01:56:00.002-07:002018-06-27T01:57:16.286-07:00AQUINO NEI DIARI DI GREGOROVIUS di Paolo Secondini <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-RK6RtXOyxjQ/WzNRIHEm0pI/AAAAAAAAJFc/ciCxqHeYnbUFe-deP4e7OUeQE4B7pwzxwCLcBGAs/s1600/AQUINO%2BNEI%2BDIARI%2BDI%2BGregorovius.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="256" data-original-width="183" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-RK6RtXOyxjQ/WzNRIHEm0pI/AAAAAAAAJFc/ciCxqHeYnbUFe-deP4e7OUeQE4B7pwzxwCLcBGAs/s320/AQUINO%2BNEI%2BDIARI%2BDI%2BGregorovius.jpg" width="228" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La mattina
del 18 ottobre 1859, dopo aver soggiornato per dodici giorni a Montecassino, in
una atmosfera di quiete e serenità, lo scrittore tedesco Ferdinand Gregorovius
lasciava l’abbazia benedettina per far ritorno a Roma, in cui risiedeva da
qualche tempo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">A
Montecassino, dove i monaci lo avevano accolto cordialmente, Gregorovius si era
recato per fare ricerche nell’Archivio, comprendente rari e importanti
documenti, circa trentacinquemila tra <i style="mso-bidi-font-style: normal;">diplomi
degli imperatori, principi e papi</i> e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cartae
minores</i>. Ma quelle ricerche avevano aggiunto ben poco alle notizie che
aveva già appreso nell’Urbe, frequentando biblioteche pubbliche e private, tra
cui la Minerva, la Sala dei Domenicani, la Biblioteca del Muratori e l’Archivio
Storico Italiano. Se non altro, l’arrivo e il soggiorno a Montecassino gli
avevano offerto occasione di visitare alcuni paesi della Ciociaria: Veroli,
Casamari, Sora, Arpino, San Germano, Rocca d’Evandro, che fino a quel momento
aveva conosciuto solo attraverso resoconti di viaggi e narrazioni storiche.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La mattina
del 18 ottobre 1859 (una mattina umida e nebbiosa), dunque, Ferdinand Gregorovius,
a bordo di una carrozza lasciava il monastero di San Benedetto, lieto di
attraversare, durante il viaggio verso l’Urbe, altri centri ciociari ricchi di
storia e di vestigia antiche. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Così egli
descrive, nei Diari Romani, il suo arrivo nella città di Aquino: <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">A tre miglia di là </span></i><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">(San Germano)<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> la strada volge verso Aquino, dove mi sono
recato. La nebbia si era nel frattempo ritirata. Sulla via si trova la torre di
San Gregorio, ove si dice che questo grande papa abbia posseduto una splendida villa
che in seguito regalò al convento. <o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dopo circa un quarto d’ora giunsi ad Aquino,
patria di Giovenale e di Pescennio Negro, signoria feudale dei conti di cui San
Tommaso porta il nome. Così Aquino, in modo strano, ha prodotto un poeta satirico,
un imperatore e il più grande filosofo della scolastica medievale</span></i><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ad Aquino
Gregorovius fece ritorno successivamente, restando affascinato non solo dalle
bellezze archeologiche, da quelle naturali e paesaggistiche, ma anche dalla
semplicità di vita e costumi dei suoi abitanti, per lo più contadini. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Nel suo
libro Passeggiate per l’Italia, in tal modo egli descrive e parla di Aquino: <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La sua posizione, nei
pressi di un ruscello, non ha nulla di speciale, ma bellissimi per ricchezza e
frescura di vegetazione sono i suoi dintorni e stupendo è il panorama che vi si
gode. Esistono ancora presso il paese alcune rovine della città romana, avanzi
di porte, di mura, reliquie dei templi di <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Cerere</span></strong>
e di <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Diana</span></strong>; in complesso però nulla di
notevole. Presso il ruscello sono le rovine di una chiesa del secolo XI, <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">S. Maria</span></strong> della <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Libera</span></strong>, basilica
a tre navate, sulla cui porta si scorge ancora una <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Madonna</span></strong> in mosaico, opera bizantina ben conservata.
Vicine le une alle altre sorgono così le rovine dell'<strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Aquino</span></strong> romana e dell'<strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Aquino</span></strong>
medioevale; a queste due epoche appartengono le celebrità della città. <br />
Aquino si può vantare di aver dato i natali a uno dei meno famosi imperatori
romani, <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Pescennio Negro… </span></strong><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Maggior gloria procurarono ad <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Aquino</span></strong> due altri suoi figli. Sono due tipi che rappresentano
due epoche e che si possono l'uno all'altro contrapporre, come le rovine di un
tempio romano a quelle della basilica di <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">S. Maria della Libera</span></strong>.
Quale maggior contrasto, infatti, di quello che passa tra <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Giovenale</span></strong><b> </b>e <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">S. Tommaso</span></strong> d'<strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Aquino</span></strong>, fra il grande poeta satirico della corruzione
pagana di <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Roma</span></strong> ed il più grande filosofo della
sacra teologia scolastica, che ebbe il nome di <strong><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-weight: normal;">Dottore
Angelico</span></strong>?</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-5528099580584370742018-06-18T23:32:00.003-07:002018-06-18T23:35:59.560-07:00AQUINO NEl MEDIOEVO di Angelo Nicosia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-4wFoY9iVV4Q/Wyijh7B_FvI/AAAAAAAAJE0/VlN2apBCMjImzX-jhYqwnHNaLp94qAMdwCLcBGAs/s1600/AQUINO%2BNEL%2BMEDIOEVO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1176" data-original-width="1600" height="293" src="https://4.bp.blogspot.com/-4wFoY9iVV4Q/Wyijh7B_FvI/AAAAAAAAJE0/VlN2apBCMjImzX-jhYqwnHNaLp94qAMdwCLcBGAs/s400/AQUINO%2BNEL%2BMEDIOEVO.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il vescovo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Iovinus</i> muore quando già la città è occupata dai Longobardi Beneventani,
l'arrivo dei quali segna per Aquino l'inizio della sua storia medievale
documentata. Gregorio Magno, che nei <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dialogi</i>
ricorda l’avvenimento, rimarca come il vetusto municipio romano avesse molto
sofferto al primo impatto con i conquistatori e per il contemporaneo
imperversare della peste, tanto che la popolazione risultò così decimata che
non fu possibile trovare un successore alla morte del vescovo. È possibile,
perciò, che gli Aquinati superstiti avessero momentaneamente abbandonato il
centro urbano e la pianura per riparare in luoghi appartati e sui monti vicini.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dalle notizie di Gregorio Magno si può
supporre che l'occupazione di Aquino da parte dei Longobardi, sotto il comando
del duca di Benevento Zottone (+590/1), possa datarsi verso il 587/589,
all'indomani della presa di Montecassino. Come era avvenuto per le altre
regioni settentrionali dell’Italia, anche qui la penetrazione longobarda
dovette essere rapida e fluida per la debolezza delle difese lungo le vie
consolari dell’entroterra, difese che i Bizantini invece dovevano aver
rafforzate in direzione della zona costiera per impedire la conquista dei
vitali scali marittimi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non abbiamo alcun elemento concreto per
determinare l’estensione del territorio occupato dai Longobardi in questa prima
fase, tuttavia possiamo ritenere che l’occupazione avesse interessato gran
parte degli antichi territori municipali di Cassino, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Interamna Lirenas</i> e Aquino, in pratica tutta la vallata e i primi rilievi
montuosi circostanti. Da quel momento e, vedremo, per oltre un secolo il
territorio aquinate rappresenterà l'estremo possesso dei Beneventani verso il
Ducato Romano. Gli studiosi concordano nel fatto che, con l’occupazione
longobarda, Aquino diviene capoluogo di questo distretto di confine e che la
sede dell'amministrazione o del comando militare sarebbe comunque da ricercare
in qualche luogo sul terrazzo situato nell'area sud-est della città romana (tra
la Porta S. Lorenzo e la località Fontana Malanova). Si può ritenere che non
molto tempo dopo, quando si attenua l’impeto iniziale e si delinea chiaro il
proposito dei nuovi arrivati ad una permanenza stabile sul nostro territorio,
gli abitanti nascosti e dispersi nei luoghi circostanti ritornino nelle sedi
prima abbandonate.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Paolo Diacono scrive
nella <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Historia Langobardorum</i> che
l'espansione longobarda verso il Ducato Romano riprende nel 702 con il duca
Gisulfo I, il quale estende la conquista fino ad Arce, Arpino e Sora. Con
l'occupazione di Sora la sede del comando del distretto del Liri viene
trasferita da Aquino a questa città. L’espansione del 702, che rinsalda il
confine settentrionale, costituisce il presupposto per una emergente
dominazione longobarda nell’Italia meridionale. Nel 774, abbattuto dai Franchi
il Regno Longobardo nel nord Italia, il duca di Benevento Arechi II non solo
riesce a conservare la sua indipendenza, ma sotto la spinta dell’orgoglio
nazionale accoglie tutti i profughi del nord ed eleva il ducato a principato
con chiaro significato anti-franco.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La storia della “Longobardia
Minore” (così vengono definiti dagli studiosi questi territori longobardi) nel
secolo seguente è caratterizzata da una sequenza di feroci lotte interne per
l’autonomia, che coinvolgono anche forze esterne. Durante queste lotte si
ricorse all’aiuto dei Saraceni che devastarono il territorio con continue
scorrerie causando lo spopolamento delle campagne. I <i>Chronica s. Benedicti
Casinensis</i><span style="mso-bidi-font-style: italic;"> ricordano che nell’846
i Saraceni occuparono Aquino e saccheggiarono Arce.</span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Nell’849 viene sancita
la divisione nei due principati di Benevento e di Salerno; nell’856 si avvia il
processo di autonomia della contea di Capua da cui dipende il gastaldato del
Liri. Nell'858, per il suo intervento in favore del principe di Salerno, viene
concesso al duca di Spoleto il territorio del confine settentrionale con Sora,
Arpino, Atina e Vicalvi. Con questa concessione Aquino torna ad essere capoluogo
del Gastaldato del Liri.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">I <i>Chronica s.
Benedicti Casinensis</i> ci hanno trasmesso anche il nome del gastaldo di Aquino,
Rodoaldo, e la sua curiosa e sfortunata storia. Verso l’860 Rodoaldo costruisce
un castello nel villaggio di Aquino presso il Ponte curvo (oggi Pontecorvo) per
sottrarsi dalla dipendenza del conte di Capua, il quale però tentava in tutti i
modi di impedirlo. Durante la spedizione antisaracena dell’imperatore Ludovico
II nell’Italia meridionale, Rodoaldo in qualche modo riesce ad avere tregua dai
Capuani. Con la morte dell’imperatore nell’875 si ridestano le discordie in
Campania e il nostro gastaldo torna a sentirsi insicuro tanto che si rivolge
per aiuto ad un tal chierico Magenolfo che vantava aderenze presso la corte
imperiale per aver sposato una nipote dell’imperatrice. Magenolfo accetta
l’invito e si reca con la famiglia, con i servi e con tutte le suppellettili
nel castello del Ponte curvo, ma alla fine tanto riesce a tramare che mette in
prigione Rodoaldo e i due suoi figli e si impadronisce del castello e dei suoi
vassalli. Dopo tale episodio di Magenolfo non si ha più notizia, mentre i
documenti ricordano dopo di lui come gastaldo di Aquino Rodiperto e nel 949 il
nipote di questo Atenolfo II <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Megalu</i>. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Atenolfo II <i>Megalu</i>
è certamente uno dei più importanti signori di Aquino, durante il suo governo,
non solo viene realizzata la trasformazione del gastaldato in contea, ma
riprende vigore la vecchia sede di Aquino, dove probabilmente proprio lui
costruisce la residenza comitale fortificata sullo scoglio di travertino di
fronte all’abitato medievale, in pratica corrispondente al moderno centro
storico. La coesistenza dei due luoghi contigui e topograficamente distinti si
rileva anche da un passo della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Storia dei
Normanni</i> di Amato di Montecassino dove a proposito di Aquino si menzionano
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">la roche et la cité</i>”. Nella citata
residenza fortificata probabilmente è da riconoscere l’“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Aquinense pretorium</i>” citato successivamente nella cronaca di Leone
Ostiense e nei documenti e che perciò alcuni studiosi moderni chiamano
“castello pretorio”. A partire dal governo di Atenolfo II, infatti, i documenti
ci assicurano che nella residenza aquinate si trova il palazzo comitale da dove
è esercitata la giurisdizione amministrativa e giudiziaria su tutto il
territorio della contea che si estendeva fino ai moderni comuni di Santopadre,
Terelle, Pastena ed Esperia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Tenace oppositore della
politica espansionista di Montecassino, nel 953 Atenolfo II <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Megalu</i> riesce ad imprigionare lo stesso
abate Aligerno conducendolo ad Aquino e sottoponendolo a pubblica umiliazione.
Alla sua morte, nel 984, la contea appare divisa in due parti: una pertinente a
Pontecorvo in cui troviamo come successore il primogenito Guido e la seconda,
più specificatamente aquinate, con gli altri figli Landolfo I, Siconolfo II e
Atenolfo III <i>Summucula.</i> Ma è quest'ultimo che di fatto eredita la contea
di Aquino e che continua la politica anticassinese del padre. Durante la sua
amministrazione, infatti, nel quadro dei difficili rapporti con Montecassino,
vengono fondati nel territorio aquinate i castelli di Castrocielo e di
Roccasecca. Nella seconda metà del secolo<span style="mso-bidi-font-weight: bold;"> X</span> sorgono anche i castelli di S. Giovanni Incarico e di <i>Teramen</i><span style="mso-bidi-font-style: italic;"> (questo ubicato all’estremità orientale
della città romana di <i>Interamna Lirenas</i>)<i>.</i><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ad Atenolfo III <i>Summucula</i>
succede un non meglio conosciuto Atenolfo IV, durante il dominio del quale le
due parti della contea vengono di nuovo riunite sotto un unico comitato.
Tuttavia, tra i dominatori longobardi di Aquino, quello che raggiunge il più
alto grado di potenza e di popolarità è il successore Atenolfo V. Sotto il suo
dominio la città viene abbellita di nuove costruzioni e di fortificazioni e
viene ristabilita l'autorità vescovile sulla diocesi. Pur continuando ad
esercitare il comitato su Aquino, nel 1045 Atenolfo V viene eletto console e
duca di Gaeta e fin tanto che rimane in vita l'espansione normanna non riesce a
penetrare nella regione dell'attuale Lazio meridionale. Morto però Atenolfo V
il 2 febbraio 1062 (il suo epitaffio fu scritto dall'arcivescovo di Salerno Alfano),
il principe normanno di Capua, Riccardo, nel 1064 si impadronisce prima di
Gaeta e l'anno seguente della contea di Aquino.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Con la conquista
normanna la contea viene confiscata e poi divisa in feudi assegnati ai fautori
locali del principe di Capua, ai suoi comandanti militari e all’abate di
Montecassino. I discendenti di Atenolfo V riescono a conservare solo i
possedimenti di spettanza familiare mentre il titolo di conte di Aquino viene
assegnato a Guglielmo di Montreuil. Dopo la morte di questi nel 1070, il
principe assegna di nuovo il titolo ad Atenolfo VII, il quale, venuto in
dissidio con Montecassino, perde di nuovo il titolo in favore dell'abate
cassinese, fatto questo che provoca un'insurrezione dei cittadini aquinati. Per
alcuni anni Aquino continua ad essere interessata prima dalla guerra tra il
principe di Capua Riccardo e suo figlio Giordano e poi dai vari tentativi di
ribellione dei baroni filoimperiali di ceppo longobardo contro i Normanni
fìlopapali. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">In questo periodo,
secondo Giovanni Carbonara, e più precisamente tra il 1070 e il 1090, durante
una fase di buoni rapporti con Montecassino, andrebbe collocata la costruzione
dell’edificio di impianto “desideriano” di Santa Maria della Libera, forse come
ricostruzione di una precedente chiesa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">È questo anche il
periodo in cui i vari discendenti dei conti di Aquino cominciano ad acquisire
titoli e feudi al di fuori dei confini della vecchia contea, e tra questi i
feudi vanni segnalati quelli di Vicalvi, Isoletta e Atina. Alla fine delle
lotte di supremazia nella zona, nel 1110 troviamo come conte di Aquino Landone
III e nel 1123, come capo riconosciuto della dinastia, Atenolfo VIII, conte di
Atina. Subito dopo i conti di Aquino appaiono imparentati con la famiglia del
celebre monaco cassinese Pietro Diacono.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Nel 1148 Rinaldo I
d'Aquino è feudatario di Roccasecca, e nel 1157 entra in possesso della metà di
Monte S. Giovanni che, in aggiunta alla metà già posseduta dai nipoti, figli
del fratello Pandolfo, diviene feudo exclave dei d’Aquino nello Stato Pontificio.
Dal figlio di uno di questi nipoti, Atenolfo, signore di Alvito, discenderà
Tommaso I che, per il suo valore militare, nel 1221 otterrà dall’imperatore
Federico II il titolo di conte di Acerra, titolo per altro che era<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>già stato assegnato dal re normanno Guglielmo
II al loro congiunto Riccardo, figlio del citato Rinaldo I. Gli eredi di
Atenolfo di Alvito diventeranno poi conti<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Loreto. I discendenti di
questo ramo nel 1442 otterranno dal re Alfonso d'Aragona il titolo di marchesi
di Pescara.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dopo la morte del re
Guglielmo II il menzionato Riccardo parteggia per Tancredi e per questa ragione
gli vengono confiscati i feudi dall’imperatore Enrico VI. Nel 1201, tuttavia,
Aquino viene restituito, insieme agli altri feudi, a Rinaldo II e Landolfo, figli
di Aimone I, fratello di Riccardo, che si erano schierati con il papa Innocenzo
III al tempo che questo aveva la tutela sul piccolo Federico II. Con la morte
di Rinaldo II, Landolfo resta unico erede nei feudi della media valle del Liri.
Da questo Landolfo e dalla sua seconda moglie Teodora nasce verso 1225 il
celebre teologo e santo Tommaso d’Aquino.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dopo la morte di
Landolfo, Aquino e gli altri feudi della zona risultano divisi in porzioni tra
i vari eredi della famiglia. L’incremento ulteriore del patrimonio, anche in
seguito ai matrimoni contratti dai discendenti in diverse località del Regno di
Napoli diede origine ad una vasta rete di relazioni feudali. Proprio a causa
della frammentazione dei patrimoni e dell’estensione delle parentele, le
vicende di tali feudi ebbero sorti diverse secondo le differenti scelte
politiche dei vari rappresentanti della famiglia spesso in maniera autonoma e
distaccata dai legami originari con Aquino. Ad esempio la maggior parte dei
fratelli di S. Tommaso, avendo aderito, seguendo l’esempio del cognato
Guglielmo Sanseverino, alla “congiura di Capaccio”, subiscono la pesante
vendetta di Federico II: Landolfo figlio e Reginaldo vengono giustiziati,
mentre gli altri riescono a malapena a mettersi in salvo nella Campagna Romana.
Alla congiura non aderisce però l’altro fratello Filippo, che perciò continua a
possedere la sua porzione dei beni paterni e può trasmetterli al figlio
Pandolfo II. Nel 1266, con la venuta di Carlo d’Angiò, i primi vengono
reintegrati nei loro beni, mentre Pandolfo II, ribellatosi durante la discesa
di Corradino nel Regno di Napoli, viene ucciso e i suoi diritti feudali vengono
assegnati a suo zio Rinaldo II. Quest’ultimo è da identificarsi con quel
Rinaldo d’Aquino rinomato poeta in volgare della Scuola Siciliana.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Con l’improvvisa morte
di Federico II nel 1250, si riaccendono più violente e diffuse le ribellioni
alimentate dal papa Innocenzo IV, solo in parte e con difficoltà sedate da
Manfredi. Messo a tacere il partito filopapale in Germania, all’inizio del 1252
Corrado IV sbarca con il suo esercito in Puglia ricongiungendosi con le truppe
di Manfredi. Falliti i negoziati con il papa per ottenere l’investitura del
Regno di Sicilia e la successione nell’impero, egli ordina subito la punizione
dei ribelli. I cronisti del tempo, Niccolò Jamsilla e Matteo Spinelli,
ricordano come tra i più attivi partigiani del papa vi fossero i conti di
Aquino e che la punizione inflitta da Corrado agli Aquinati fu pesante perché
la città venne bruciata e rasa al suolo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Gli studiosi sono
concordi nel ritenere che la città ricordata dai cronisti che subì la distruzione
è da intendersi l’abitato nell’antico sito romano, che da quel momento più non
si riebbe e determinò la lenta e inesorabile decadenza di Aquino.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-36292380619669330412018-06-08T07:17:00.000-07:002018-06-08T07:19:38.820-07:00IL MIO PRIMO GIORNO DI SCUOLA di Gianni Dorefice<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-7jsrB0VLJTQ/WxqPxD0zAEI/AAAAAAAAJEk/lmvsPvqlEBodFmPcbLd2f0OJI91DqT8QgCLcBGAs/s1600/il%2Bmio%2Bprimo%2Bmaestro.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="150" data-original-width="200" src="https://3.bp.blogspot.com/-7jsrB0VLJTQ/WxqPxD0zAEI/AAAAAAAAJEk/lmvsPvqlEBodFmPcbLd2f0OJI91DqT8QgCLcBGAs/s1600/il%2Bmio%2Bprimo%2Bmaestro.png" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 106%;">Conservo un ricordo
indelebile del mio primo giorno di scuola, segnato dall’incontro con un uomo
che non era della famiglia, ma che è stato molto importante per me: Libero
Quagliozzi, il mio maestro!<br />
Mia madre mi accompagnò a conoscerlo il giorno precedente l’inizio della
scuola, doveva essere il 30 settembre, all’epoca cominciava il primo ottobre,
come tutti i coetanei ben ricordano.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>L’aula era una stanza ricavata al primo piano di una casetta che ancora
esiste, oggi ben ristrutturata, in via Giovenale<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in quello slargo che si apre davanti al
palazzo Quagliozzi, ora tristemente chiuso<i style="mso-bidi-font-style: normal;">!
(foto)</i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Vi abitava appunto la
famiglia Quagliozzi formata da Don Innocenzo, il maestro Libero Quagliozzi e il
fratello Eliseo, sposato e trasferito poi a Roma.<br />
Non avevo compiuto ancora i 6 anni previsti per potermi iscrivere, ma mia
madre, donna lungimirante e premurosa, volle che iniziassi prima perché<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>nato a Roma<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>ed essendo tornato ad Aquino all’età di circa 4 anni non conoscevo
nessuno. Ricordo che non comprendevo neanche il dialetto dei coetanei, così non
mi era facile comunicare e fare amicizia con loro. Tanto dovevo apparire loro
estraneo che ricordo mi affibbiarono il nomignolo “tedesch<i style="mso-bidi-font-style: normal;">e</i>” evidentemente inteso come straniero!<br />
Torniamo al “maestro” come voleva farsi chiamare, perché aborriva l’appellativo
“gnor<i style="mso-bidi-font-style: normal;">e</i>” che al tempo era in uso. Dopo
la presentazione fatta da mia madre, il primo giorno fu un “assolo” tra lui e
me! Mi chiese se sapevo contare e mi invitò a farlo, ma io contai fino a cinque
oltre non sapevo andare! La mattinata continuò facendomi esercitare a scrivere
con la matita sull’unico quaderno che possedevo, quello con la copertina nera,
così imparai a fare i bastoncini e i tondini. <br />
Il secondo giorno, per me, ovvero il primo ottobre, arrivarono tutti gli altri
compagni che di certo erano tutti più grandi di età, tutti sconosciuti e quindi
per me l’unico riferimento restava il maestro.<br />
Non dovette essere un anno facile tanto che di quel periodo non ricordo quasi
nulla, mentre ricordo che il secondo anno fummo trasferiti<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>al secondo piano di una casa popolare in via
della Libertà. Cominciò la vera scuola con tutte le altre classi, rigorosamente
distinte tra maschietti e femminucce. Ben presto la nostra classe si cominciò a
distinguere perché formata da ragazzi tutti motivati a crescere e sognare sotto
la guida di un grande “maestro”.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Un uomo
che, senza ombra di dubbio, ha e influito in modo determinante sul destino e
sulle sorti di molti di noi che avemmo fortuna di averlo come modello, guida
morale ed intellettuale: il maestro, nonché <i style="mso-bidi-font-style: normal;">delizioso
poeta,</i> Libero Quagliozzi!<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<o:p><span style="font-family: "calibri";"> </span></o:p></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-12518494716010733782018-05-26T21:13:00.001-07:002018-05-26T21:13:13.829-07:00CURIOSITÀ GIOVENALIANE di Tommaso Di Brango
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-CkQRRP5WGJI/WwowSwjrAAI/AAAAAAAAJEY/n_Fyvefn-DQqNQgZPCOB1F6PbOacY7X2gCLcBGAs/s1600/CURIOSITA%2BGIOVENALIANE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="773" data-original-width="653" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-CkQRRP5WGJI/WwowSwjrAAI/AAAAAAAAJEY/n_Fyvefn-DQqNQgZPCOB1F6PbOacY7X2gCLcBGAs/s320/CURIOSITA%2BGIOVENALIANE.jpg" width="270" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Tutti
ricordano che il primo, vero successo editoriale di Marco Travaglio fu <i style="mso-bidi-font-style: normal;">L’odore dei soldi. Origini e misteri delle
fortune di Silvio Berlusconi </i>(Roma, Editori Riuniti, 2001), un libro
scritto a quattro mani con Elio Veltri. Nessuno o quasi, però, sa che il titolo
di quel fortunatissimo volume deriva, almeno in parte, dal verso 204 della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Satira XIV </i>di Decimo Giunio Giovenale,
poeta aquinate vissuto a cavallo tra il I e il II secolo dopo Cristo. È lì,
infatti, che si legge: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Lucri bonus est
odor ex re qualibet </i>(“L’odore dei soldi è gradevole da qualunque cosa
provenga”). <br />
La cosa, ovviamente, non deve sorprendere. Il linguaggio della satira -
soprattutto se aspra, virulenta e sentenziosa come quella giovenaliana, assai
distante dalla <i style="mso-bidi-font-style: normal;">aurea mediocritas </i>di
Orazio - si sposa assai agevolmente con le esigenze della polemica politica.
Quel che però suscita un certo stupore è la frequenza con cui le acrobazie
linguistiche di Giovenale hanno fatto breccia nell’immaginario collettivo,
diventando addirittura modi di dire proverbiali. <br />
Una delle frasi più frequentemente ripetute all’indomani delle varie tornate
elettorali italiane, ad esempio, è quella secondo cui “al popolo bisogna dare <i style="mso-bidi-font-style: normal;">panem et circenses</i>”. Il più delle volte,
infatti, l’estensore di simili - e non per forza errate, ahinoi -
considerazioni non sa di star citando il verso 80 della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Satira X </i>di Giovenale (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Panem
et circenses tantum populus optat</i>: “Il popolo desidera soltanto pane e
giochi del circo”). Né d’altro canto si esaurisce qui il contributo fornito
dalla <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Satira X </i>al nostro quotidiano
comunicare, perché in essa, al verso 356, si legge: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Orandum est ut sit mens sana in corpore sano </i>(“Dobbiamo pregare di
avere una mente sana in un corpo sano”). Quante palestre hanno fatto -
pedestremente - uso di questa considerazione giovenaliana allo scopo di darsi
un’aura colta? Se poi ci si rivolge alla famosa - e per certi aspetti
famigerata - <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Satira VI</i>, ovvero quella
“contro le donne”, si ha modo di imbattersi, al verso 347, nel celeberrimo
interrogativo: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quis custodiet ipsos
custodes? </i>(“Chi controllerà i controllori?”).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
La sorte di Giovenale, insomma, è stata quella di chi dona senza dar notizia
della sua generosità. C’è da augurarsi, però, che nel tempo si riesca ad avere
contezza dell’importanza da egli avuta non solo per la storia della satira
latina e occidentale, ma anche per le nostre parole di tutti i giorni. <o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-4985875904041091332018-05-17T23:54:00.001-07:002018-05-17T23:55:11.519-07:00SAN TOMMASO “SEQUESTRATO” di Costantino JADECOLA<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-iUPSM1YDEPQ/Wv54e3S0H7I/AAAAAAAAJEI/hVhMFQLblpAZGba0aW3Q2T6nBviceNsqQCLcBGAs/s1600/SAN%2BTOMMASO....jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1059" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-iUPSM1YDEPQ/Wv54e3S0H7I/AAAAAAAAJEI/hVhMFQLblpAZGba0aW3Q2T6nBviceNsqQCLcBGAs/s320/SAN%2BTOMMASO....jpeg" width="211" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Per Aquino la voce aveva cominciato a diffondersi con la celerità
propria di certe notizie ‘piccanti’: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vogliono
portarsi San Tommaso a Sora</i>!”. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Ma anche a creare qualche preoccupazione: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Va a finire che non ce lo ridanno più</i>!” <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Una variazione sul tema, del resto, dava per scontato addirittura una
vendita del Santo da parte del clero locale. E, a peggiorare la situazione,
provvide quella ‘voce’ secondo cui “Cicchètte”, al secolo Tommaso Treta, di
professione falegname, stava approntando una grossa cassa da utilizzare per il
trasporto del Santo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Ovvero della statua del Santo, perché era di questa che si trattava.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">All’origine naturalmente c’era un motivo ben preciso: nel centenario
della canonizzazione del Santo di Aquino, il vescovo del tempo, mons. Antonio
Maria Iannotta, aveva indetto un Congresso Eucaristico Interdiocesano, da
tenersi a Sora per la fine di agosto del 1924, al quale era associata la
commemorazione dell’Angelico dottore. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Anche se si trattava di una
vacanza piuttosto breve, la cosa non andò per niente a genio a una parte degli
aquinati i quali, forse perché non erano stati opportunamente informati
sull’iniziativa o, piuttosto, per via di una naturale diffidenza, si misero
all’erta in attesa dell’evolversi della situazione. Cosicché quando si seppe
che la cassa era pronta e la spedizione della statua stava per concretizzarsi
ci fu una mezza sollevazione popolare, affermano le fonti che ricordano
l’episodio, totalmente orali, che si concretizzò addirittura nel ‘sequestro’
della statua stessa la quale, per precauzione, venne collocata nella piccola
chiesa dedicata a San Magno, «di patronato della famiglia Frezza» (Pasquale
Cayro, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Storia sacra e profana</i>/2, pag.
23), allora esistente nell’attuale via Cavour, poco più avanti del seminario.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Intervennero ovviamente anche i carabinieri. Ma non
riuscirono a fare più di tanto. Anzi, raccontano le stesse fonti, uno di essi
venne addirittura disarmato da una donna del popolo la quale, mostrando poi la
pistola al suo legittimo possessore, gli disse che non era proprio il caso di
utilizzarla. Anzi, tutt’al più, se proprio voleva usarla, se la doveva mettere
in quel posto: sta di fatto che il povero carabiniere dovette penare un bel po’
prima di rientrare in possesso dell’arma ed evitare così guai peggiori.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Così la grande statua di San Tommaso rimase “sotto
sequestro”. Semmai, dissero i “contestatori”, a Sora si può sempre portare
l’altra, quella a mezzo busto, cioè, che, oltre tutto, è anche più antica e
dunque più pregevole.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Ma, ovviamente, questo ‘suggerimento’ non venne recepito
e si optò così da parte del clero per la statua del Santo venerata a Roccasecca
la quale trasse il suo quarto d’ora di celebrità da quello che, secondo mons. Crescenzo
Marsella (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">I Vescovi di Sora</i>, pag.
284), fu un grande evento. Egli, infatti, scrive che «sette eccellentissimi
vescovi e l’eminentissimo cardinal Legato Camillo Laurenti, inviato speciale
del Papa, intervennero a Sora il 29, 30 e 31 agosto 1924 per celebrare le feste
dell’Agnello divino e dell’angelo delle scuole. Ricordo ancora», riferisce
sempre mons. Marsella, «quella selva di bandiere e d’insegne sotto i raggi
d’oro del tramonto estivo, che si spiegava per le vie di Sora, la povera città
distrutta dal terremoto. Era una falange fiorente di gioventù e di vita, un
corteo interminabile di associazioni cattoliche, di confraternite schierate che
incedevano al canto festevole degl’inni e dei salmi con tutti i parroci e i
sacerdoti convenuti dai paesi delle tre diocesi, seguiti dai vescovi, dal
cardinale, dalle autorità, da un’immensa fiumana di popolo».<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">C’è da supporre che ad Aquino la cosa fece né caldo né
freddo. Anzi, il popolo ‘contestatore’, felice di aver evitato al buon
“Tomasone” quella vacanza sorana che si riteneva piena di rischi, celebrò
l’evento di cui si era reso protagonista addirittura elaborando una canzoncina
che faceva grosso modo così: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Gl’arciprevete
d’Aquine/ s’àve arraiate pe gli quadrini. / Pè gli quadrini e pè gli denari /
s’anne ‘mpegnate Sante Tumase/</i>”. Eccetera, eccetera, eccetera.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-87608073287616948072018-05-09T21:08:00.000-07:002018-05-09T21:08:01.919-07:00IL PRIMO GIORNO di Peppe Murro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-oM1zezCHpq0/WvPFjH8OKII/AAAAAAAAJB4/Bc6cRIY27sU2BgMx7tH_MAEGERw7tPrkgCLcBGAs/s1600/IL%2BPRIMO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="188" data-original-width="250" height="300" src="https://2.bp.blogspot.com/-oM1zezCHpq0/WvPFjH8OKII/AAAAAAAAJB4/Bc6cRIY27sU2BgMx7tH_MAEGERw7tPrkgCLcBGAs/s400/IL%2BPRIMO.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">Non che non ce la
facesse, in fondo era sì, magro, ma tutta forza e giovinezza: fosse stato alto
come il fratello sarebbe stato davvero quello che si dice un fusto… Era
piccolino, però, più o meno la stessa statura della madre, bassina e magrissima
pure lei. <br />
Eppure quella aveva una voce che si sentiva fino alla piazza: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“sbrichet a camminà; movete ca è
tard..cammina, sfaticat”.<br />
</i>Sì, ce la faceva ad andare più veloce, ma non ne aveva nessuna voglia:
d’altronde quale ragazzo sarebbe stato contento di lasciare i giochi per andare
a lavorare ?! <br />
La madre, però, era stata irremovibile: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“viste
ca de legg e scriv nen te ne tè, almen te mpare nu mestier” </i>ed aveva
pregato il calzolaio di prenderlo come garzone. <br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Cammina, movete”,</i> il grido di sua
madre dal basso della discesa gli diede quasi un’altra spinta.<br />
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“E
statt attent a nen cadì”.</i> No, non sarebbe scivolato su quella salita, anche
se le pietre erano lisce di pioggia: aveva buone scarpe, fatte di pelle
indurita dal non avere scarpe.<br />
Arrivò davanti ai gradini che portavano alla bottega di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ntonie spavent</i>, il calzolaio, si voltò indietro: la madre era una
cosa piccina in fondo alla discesa, una cosa che continuava a gesticolare in
maniera terribile.<br />
Forse sospirò, guardò davanti a sé e prese a salire quelle scale sulla sinistra
con un certo timore: lì abitavano i signori e bisognava mostrare rispetto. Lui
però doveva andare dal calzolaio, si drizzò allora sulla schiena, salì due
gradini e disse con voce stentorea: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Bongiorn”.<br />
</i>Una vecchia monumentale spostò la tenda, gli fece quasi un sorriso: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Entra; tu sì Pepp gliu zingareglie, è ver?”</i>.
Fece di sì con la testa ed entrò: la prima cosa che lo colpì fu il profumo dei
fagioli che cuocevano in una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pignata</i>
ai lati del camino. Girò la testa e vide due occhi bonari che lo guardavano da
sotto un ciuffo di capelli bianchi. <br />
Il calzolaio era seduto su una panca bassa di fronte a un piccolo tavolo pieno
di arnesi, fatto con dei bordi perché non cadessero. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Mama m’ha fatt venì”,</i> disse come per scusarsi di stare lì.<br />
Il vecchio sorrise, lo squadrò per bene e poi: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Sper ca te ne tè de te mparà…sta qua è meglie de nen fa nient”</i>. A
quelle parole Peppe pensò: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Ca le dice
tu, pecché te si scurdate come è beglie giucà a pallone!”</i>, ma non fiatò.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Vabbè</i>”, continuava il vecchio<i style="mso-bidi-font-style: normal;">,” je nte garantiscie de te pagà, ma nu
piatt de minestra pe te qui nen mancherà mai. Adduman po’ cumencià.”</i><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">Non gli riuscì di
sapere chi o cosa gli diede tanto coraggio, ma in un lampo di geniale
facciatosta disse: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Zi mastr, vabbè ca
cumencie addumane, ma viste ca oggie so’ venute, pozz restà a magnà?” </i><o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-71242054442030924642018-05-05T12:44:00.004-07:002018-05-07T11:23:35.902-07:00IL GIORNO CHE INCENDIARONO LA SCUOLA di Paolo Secondini<span style="font-size: medium;"></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-OsOEtO6Omi0/Wu4JNNToUwI/AAAAAAAAJBY/GZbfg1UGWBgQQ7rUM91S8-NuVeSKJzJEgCLcBGAs/s1600/Copertina%2BIL%2BGIORNO%2BCHE___%2B12.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="817" data-original-width="586" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-OsOEtO6Omi0/Wu4JNNToUwI/AAAAAAAAJBY/GZbfg1UGWBgQQ7rUM91S8-NuVeSKJzJEgCLcBGAs/s320/Copertina%2BIL%2BGIORNO%2BCHE___%2B12.jpg" width="229" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">ll giorno che incendiarono la scuola è<em> </em>un romanzo breve, incentrato sulle esperienze di un insegnante di italiano e storia alle prese, quotidianamente, con i propri alunni.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-size: large;">Quest’ultimi appaiono poco disposti (salvo eccezioni, ovviamente) allo studio e al lavoro scolastico, poco motivati ad ascoltare le lezioni e a trarne profitto; molto propensi, invece, a interessi a volte bizzarri, stravaganti, ma certamente più veri e consoni al loro animo.<o:p></o:p></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-size: large;">Ispirato a fatti del tutto veri, accaduti in vari istituti di istruzione secondaria di II grado (nei quali l’autore ha insegnato per anni), il romanzo narra vicende ora drammatiche, ora allegre, ora tristi, ora assurde, ora bizzarre, ora impossibili… ma sempre soffuse di una sottile ironia; vicende che hanno unicamente come scenario la scuola e, in particolare, l’aula con i banchi, le carte geografiche, la cattedra e, soprattutto, le pareti imbrattate di scritte, disegni, graffiti.<o:p></o:p></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-size: large;">I nomi degli alunni sono fittizi; reali, invece, i loro comportamenti, le loro manie, il loro modo di essere… le loro piccole grandi storie.<o:p></o:p></span></span></div>
<span style="font-size: large;"></span><br />
<a href="http://www.lulu.com/shop/paolo-secondini/il-giorno-che-incendiarono-la-scuola/paperback/product-23469978.html"><span style="color: black; font-size: large;">http://www.lulu.com/shop/paolo-secondini/il-giorno-che-incendiarono-la-scuola/paperback/product-23469978.html</span></a><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-indent: 14.2pt;">
<o:p> </o:p></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-25713089699077253232017-09-22T11:35:00.002-07:002017-09-22T11:37:54.600-07:00LA CHIESA DI VALLI. di Costantino Jadecola<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-jWQk03w4Mjg/WcVX3G6BcEI/AAAAAAAAIv0/sTOa6jzwobsiy2ykJsx9j_m-nzHUqoqsACLcBGAs/s1600/CHIESA%2BVALLI%2B1.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1048" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-jWQk03w4Mjg/WcVX3G6BcEI/AAAAAAAAIv0/sTOa6jzwobsiy2ykJsx9j_m-nzHUqoqsACLcBGAs/s320/CHIESA%2BVALLI%2B1.jpeg" width="209" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 10pt;"></span><br />
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 10pt;">Foto: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Decreto
n. 9142 per la erezione e dotazione di una coadiutoria perpetua nella nuova
chiesa de’ SS. Cuori di Gesù e Maria nella contrada detta Le Valli presso
Aquino (Da “Collezione delle Leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due
Sicilie” dell’anno 1844, numero 351).<o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"></span><br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dovette
essere una gran bella festa quella svoltasi a contrada Valli la terza domenica
di settembre del 1843. Il 23 di quel mese, infatti, il sindaco di Aquino, che a
quel tempo era Celestino Bonanni, riferisce al sotto intendente di Sora che “vi
fu sparo di mortali, tamburi, zampogne, il sorteggio di due polli ed il giuoco
del gallo.” (ASFr. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sottoprefettura di
Sora. Comune di Aquino,</i> b. 53). Una gran bella festa, insomma. Con un neo,
però: “per la celebrazione di questa festività, non vi è [stato] per parte
della polizia alcun permesso” (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Idem</i>),
che è poi il vero motivo per il quale il sindaco di Aquino si vede costretto a
mettere nero su bianco. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Naturalmente
il sotto intendente vuol vederci più chiaro e allora, il 13 ottobre, il sindaco
Bonanni deve tornare sull’argomento e precisare che, “in riguardo a coloro per
parte de’ quali venne celebrata la festa dell’Addolorata nel villaggio le Valli
(…), un tale Gioambattista Peppefiacco di Pontecorvo distribuiva la polvere
perché si sparasse e che quasi tutti i Vallesi capaci di sparare sparavano: ciò
per la parte esegutiva. Non mi è stato poi possibile”, però, precisa il
sindaco, “conoscere ad onta dell’alta premura che me ne sono presa chi fossero
stati i deputati amministratori della festa che ci occupa” (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Idem</i>). <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dispiace il
non sapere chi fossero costoro. Ma questa lacuna è ampiamente compensata dalla
notizia che all’incirca 170 anni or sono alle Valli di Aquino già si
festeggiava la terza domenica di settembre, come ancora oggi, del resto. La
curiosità, piuttosto, è un’altra: ma già allora lo spazio antistante la piccola
chiesa era il punto focale dei festeggiamenti? In parole povere, la chiesa
c’era già, o no?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Tutto lascia
propendere per una risposta affermativa se dobbiamo dar credito alle doglianze
del parroco del tempo che, come avremo modo di vedere più avanti, doveva
chiamarsi don Claudio Pagliuca, il quale affermava che nel 1867 la chiesa era
“cadente”. Lo si legge in una lettera con la quale il 18 luglio di quell’anno
il facente funzioni da sindaco di Aquino Carlo Spezia ne riferiva al sotto
intendente di Sora precisando che lo stesso parroco “da più anni faceva
conoscere un tale inconveniente e fattosi carico i superiori di quel tempo
disponevano sull’amministrazione diocesana prelevarsi la somma di ducati 237.20
riputati necessari giusta la perizia e sovramonte detta somma fu accettata” (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Idem</i>). Accadde, però, che la somma
stanziata non venne mai erogata cosicché la chiesa non solo non fu restaurata
ma se ne accrebbe il guasto al punto di non essere “quasi non più atta al culto”
(<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Idem</i>).<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ma, se nel
1867 l’edificio era piuttosto malridotto, che anzianità poteva avere?
Naturalmente non è facile rispondere ad una domanda del genere. Sta di fatto
che Pasquale Cayro nella sua <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Storia sacra
e profana di Aquino e sua diocesi</i> (Napoli. Vol. I. 1808, vol. II. 1811),
pubblicata tra la fine del primo decennio del diciannovesimo secolo e l’inizio
del successivo, ad esso non fa cenno alcuno segno evidente che o la chiesa
ancora non esisteva o anche, considerato che contrada Valli è in una zona
interna, che ne ignorasse l’esistenza.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Caratterizzata
da dolci declivi ancora per buona parte ricoperti da quei boschi che un tempo
dovevano caratterizzare l’intero territorio, contrada Valli, piuttosto
decentrata rispetto all’abitato di Aquino (direzione sud-est), è la località
che ospitò alcune delle famiglie che, lasciata la valle di Comino, vennero a
cercare fortuna in quella del Liri: tra le altre, quelle dei Fusco e dei
Morelli, cognomi ancora presenti a Valli, provenienti da Casalattico (Rocco
BONANNI, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ricerche per la Storia di Aquino</i>.
Alatri, 1922, p. 31).<o:p></o:p></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Quando ci fu
questa immigrazione doveva essere la seconda metà del diciottesimo secolo,
anche perché questi cognomi non compaiono né nello “Stato delle anime” del 1749
né nel catasto onciario di Aquino del 1752 (Costantino JADECOLA, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il paese dei “bracciali”</i>. Cassino,
2007), cosicché si ha motivo di supporre che la costruzione della chiesa
potrebbe essere collocata, per grandi linee, tra la fine del Settecento e l’inizio
dell’Ottocento e ciò per favorire le esigenze spirituali degli abitanti del
luogo, che intanto si erano sicuramente accresciuti, cui sarebbe risultato
molto difficile spostarsi sino ad Aquino da cui Valli dista alcuni chilometri. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Una conferma
in tal senso viene dalla tradizione orale alla quale certamente fecero ricorso
Anna Maria Massaroni e Maria Grazia Prata, all’epoca alunne delle scuole
elementari di Aquino, che sollecitate dall’insegnante Tommaso Di Nallo,
scrissero che, perché quegli immigrati “potessero pacificamente dedicarsi alla
bonifica del luogo e vivervi in moralità, il Borbone vi fece anche erigere una
linda chiesetta dedicata alla Madonna Addolorata. La speranza del monarca non
andò delusa; infatti la colonia vi prosperò tanto bene che l’inospite luogo fu
presto volto a fertile coltura” (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Aquino
nostra</i>. Anno scolastico 76-77, p. 13).<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Né, circa la
sua edificazione, viene in soccorso il decreto con il quale il 31 dicembre 1844
Ferdinando II di Borbone permette al “Vescovo di Aquino, Sora e Pontecorvo di
ergere una coadiutoria perpetua nella nuova Chiesa di SS.mi Cuori di Gesù e di
Maria nella contrada detta le Valli di Aquino” (ASFr. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sottoprefettura di Sora. Comune di Aquino,</i> b. 52.): è mai
possibile, infatti, che una struttura che nel 1844 viene definita “nuova”, 23
anni più tardi, sia già “cadente”, e da tempo?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Se permane
dunque il mistero sull’epoca della sua origine, un altro riguarda invece
l’intitolazione di questa chiesa che, come si è detto, viene riferita sia alla
Madonna Addolorata che ai SS.mi Cuori di Gesù e di Maria. Né esso viene risolto
dalle fonti ufficiali se sul sito internet della Diocesi essa viene indicata
come SS. Cuori alle Valli.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ma torniamo
al decreto reale. Con esso, Ferdinando II consente anche “che la coadiutoria medesima
sia dotata di due vacandi benefizi semplici di nostro regio padronato
denominato l’uno di S. Rocco e S. Spirito in Terelle e l’altro della Madonna
del Buoncammino in Roccaguglielma a condizione, però”, precisa il re, “che il
diritto di nomina rimanga in perpetuo riservato a Noi ed ai nostri Successori e
che sebbene la enunciata coadiutoria sia nella dipendenza della matrice Chiesa
di Aquino, non possa però quell’Arciprete-Curato ritenere sulla popolazione
addetta alla stessa coadiutoria alcun diritto sia di decima, sia di Stola (<span class="MsoHyperlink"><span style="color: black; text-decoration: none;"><u>nell’uso ecclesiastico anteriore al Concilio Vaticano II erano gli
emolumenti che i parroci avevano diritto di percepire dai fedeli, secondo gli importi
stabiliti dalla consuetudine o da apposita tariffa diocesana in occasione di
funzioni religiose, riguardante specificamente i singoli)</u></span></span>, o di
altra prestazione alcuna ma tutte le prestazioni ed i diritti competenti al
Parroco sulle anime della coadiutoria” (ASFr,<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> cit., </i>b. 52).<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ma ci si
attenne sempre a quel diritto di nomina che Ferdinando riserva a sé stesso ed
ai suoi successori? Evidentemente no se qualcuno solleva il caso del già
ricordato don Claudio Pagliuca che da almeno una decina di anni, cioè dal 1860,
si trova investito della titolarità di quella Coadiutoria. Ci si chiede: si
trattò di una investitura sovrana o fu il Vescovo del tempo a deciderla? A
porsi l’interrogativo è addirittura il ministero di Grazia e Giustizia, Affari
di culto, che evidentemente su sollecitazione di qualcuno, il 6 luglio 1870 si
attiva per andare a fondo della questione. A quale conclusione giunga il
ministero non è dato sapere ma può supporsi che quella nomina sia stata
d’iniziativa vescovile considerato che al tempo in cui essa avvenne il vescovo
della diocesi di Aquino, Sora e Pontecorvo era il molto chiacchierato vescovo
mons. Giuseppe Montieri (Trevico (Av) 18 novembre 1798 - Roma, 12 novembre
1862) il quale, oltre a vantare una grande amicizia con re Ferdinando, era un
convinto assertore della causa borbonica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non ci sono
problemi, al contrario, nell’identificare i due “benefizi semplici di Regio
Patronato” di cui parla il re nel suo decreto. Lo si apprende dal verbale
redatto in Aquino il 15 settembre 1904 con il quale l’avv. Giovanni Iadecola,
Regio Subeconomo dei Benefizi Vacanti, consegna i beni appartenenti alla
parrocchia della SS. Addolorata al sacerdote Francesco Morelli nominato parroco
della stessa, questo sì “con Real Decreto del 27 novembre 1902 e con successiva
bolla vescovile del 9 gennaio 1903” e da quello della restituzione degli stessi
beni a seguito della scomparsa (15 marzo 1901) di don Salvatore Di Marco, già
appartenente ai “soppressi Riformati di Palermo” (<span class="MsoHyperlink"><span style="color: black; text-decoration: none;"><u>Frati Minori
Conventuali </u></span></span><em><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">di</span></em><span class="MsoHyperlink"><span style="color: black; text-decoration: none;"><u> Sicilia), che aveva retto quella
chiesa dal </u></span></span>primo luglio 1897. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">I “benefizi”
di S. Rocco e S. Spirito sono costituiti da terreni tutti in territorio di
Terelle. Essi si trovano in località Fossato, Cardito, Scarpella, Vallecupa,
Vurena, Colle S. Pietro, Rotundo, Ceraselle, Colle Fozio, Le Cese e Noce
Rezzella e sono tenuti tutti in fitto da Vincenzo Leone fu Celestino e da
Pietro Azzoli fu Angelantonio, entrambi del luogo, “per annue lire
centoquaranta con contratto verbale”. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Quanto,
invece, ai fondi della Madonna del Buoncammino, essi sono in territorio di
Roccaguglielma (poi Esperia). Quelli di località Rava Dorata, Canale
Imperatore, Cerqua S. Antonio o Colomba e Vigne Doriche o Tore o Acquaviva
“sono fittati verbalmente per annue lire quaranta a Luigi Villani di
Francesco”; quelli di località Muro Tagliato, S. Croce o Castagneto, Noce del Vivo
o Coppi, Fossa dei Fiocchi, Lago, Casalino del Rosario, Marroni, Mazzoncelli,
sono tenuti in fitto da Filippo Ciavolella fu Francesco; il fondo detto Starza
di Monticelli è tenuto a colonia parziaria da Ambrogio Cerrito ugualmente a
quello che Vincenzo Ciaiola tiene in località Campo o Campogrande. Basilio
Grossi, infine, corrisponde un canone annuo di lire tre “sul fondo olivetato S.
Francesco” (ASFr<i style="mso-bidi-font-style: normal;">, cit., </i>b. 52).<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Al di là di
questi “benefizi” e di riferimenti ad alcuni documenti, nel verbale in questione
si parla, ovviamente, della chiesa e dell’annessa sagrestia al cui interno, si
precisa, si trovavano un tavolino, una pianeta, un calice di rame cedro, un
secchiello di rame, otto candelabri di legno in pessimo stato, un crocefisso
per altare, tre tovaglie in cattivo stato, una custodia, un camice, una statua
dell’Addolorata in carta pesta ed una della Concezione in cattivo stato ed una
piccola campana. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Tutto qui.
Che per una chiesa come quella di contrada Valli, della quale sin qui si sapeva
poco o niente, è, comunque, molto più di qualcosa.</span></div>
<span style="color: #833c0b; font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><div style="text-align: justify;">
</div>
<o:p><div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-8Sm9aRYq3Hg/WcVYXxDQ2CI/AAAAAAAAIv8/AnKdecgItQMEOpcB3spwNL6dcsvzdVStQCLcBGAs/s1600/CHIESA%2BVALLI%2B2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="567" data-original-width="756" height="240" src="https://2.bp.blogspot.com/-8Sm9aRYq3Hg/WcVYXxDQ2CI/AAAAAAAAIv8/AnKdecgItQMEOpcB3spwNL6dcsvzdVStQCLcBGAs/s320/CHIESA%2BVALLI%2B2.jpg" width="320" /></a></div>
</o:p></span>https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6989684294388500977.post-20118757315705867872017-09-16T08:40:00.002-07:002017-09-16T08:41:17.992-07:00C’ERA UNA VOLTA UNA FAMIGLIA DI CARTAI di Camillo Marino<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-e50m9qNCTwE/Wb1FgMX48fI/AAAAAAAAIu0/h6oT4r2dV7IRGszxi_bYdQNk0_xJVWqCQCLcBGAs/s1600/C%2BERA%2BUNA%2BVOLTA%2BUNA%2BFAMIGLIA%2B1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="675" data-original-width="956" height="281" src="https://2.bp.blogspot.com/-e50m9qNCTwE/Wb1FgMX48fI/AAAAAAAAIu0/h6oT4r2dV7IRGszxi_bYdQNk0_xJVWqCQCLcBGAs/s400/C%2BERA%2BUNA%2BVOLTA%2BUNA%2BFAMIGLIA%2B1.jpg" width="400" /></a></div>
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<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="font-size: large;">È diventata per me una promessa, un progetto
irrinunciabile, come si mi fosse stato consegnato il testimone. Da quando mio
padre non c’è più il pensiero si è fatto ricorrente, quasi tormentoso, fino a
far crescere a dismisura il desiderio di svelare, di sapere quale fosse
l’identità della mia famiglia. Mio padre affidò a me questo testamento morale,
spirituale, lui che come pochi era fiero e orgoglioso delle sue origini. Un
nome, una città, un mito tra la gente marinara: Amalfi! Non a caso anche il
cognome che porto, Marino, ne sottolinea la provenienza. Avevo poco più di 10
anni quando ebbi la ventura di soggiornare ad Amalfi, la città natale di mio
nonno, Camillo Maria Marino, che lì nacque il 28 febbraio del 1878. Intorno
alla metà degli anni Cinquanta fui ospite, insieme a mio padre e ad alcune
sorelle, degli eredi di Francesco Marino (zio Ciccillo, come soleva chiamarlo
mio padre), un caro cugino di mio nonno. Francesco Marino era stato un mastro
cartaio, proprietario di una cartiera ad Amalfi presso “a Ferriera”, dove mio
padre, giovanissimo, aveva lavorato. La famiglia Marino, da generazioni, era
costituita da valenti e laboriosi cartai. Delle cartiere, della carta di Amalfi
è nota la leggenda! Ancora oggi la carta a mano di Amalfi è famosa nel mondo. Come
dicevo, verso la metà degli anni Cinquanta arrivammo ad Amalfi presso “a
Ferriera”, la cartiera di zio Ciccillo, morto alcuni anni prima; ci accolsero i
suoi numerosi figli che gestivano la fabbrica paterna: Giovanni, Andrea,
Tonino, Luigi, Rita, Lucia e Anna. La festa fu grande soprattutto per mio
padre, che potè così riabbracciare gli unici Marino rimasti ad Amalfi. Per mio
padre, inoltre, fu l’occasione per riconciliarsi con le sue radici, con il suo
passato. A noi figli, già piccoli, aveva inculcato il mito di Amalfi, della sua
famiglia, l’orgoglio di essere figlio e discendente di cartai. Purtroppo i
ricordi di quelle giornate trascorse nella splendida Amalfi si sono annebbiati.
Ricordo soltanto le piacevoli ore passate con uno dei figli di zio Ciccillo,
Luigi, mio coetaneo. Non dimentico una gita in barca dove ebbi occasione di
mettere in evidenza le mie discrete qualità canore, destando ammirazione tra i
parenti presenti. Dopo quel soggiorno sono stato altre volte ad Amalfi. I
contatti con i Marino, specialmente con Giovanni, dirigente tecnico presso una
cartiera di Scafati, sono stati mantenuti, anche se non molto intensamente, da
mio padre. Egli spesso si abbandonava a sentimenti di nostalgia,
rievocando gli anni trascorsi ad Amalfi presso zio Ciccillo e suo fratello, zio
Andrea (sposato con una Confalone), che gestiva una cartiera in località
Marmorata di Ravello. Ho avuto modo di visitare successivamente questa
cartiera, prima che venisse definitivamente trasformata in albergo-ristorante,
sempre in compagnia di mio padre. In quella cartiera mio padre avevo gioito e
sofferto le ansie, le soddisfazioni di un lavoro piacevole e duro. Altri tempi!
Un lavoro di artigiani fatto di passione, sapienza, abnegazione ed esperienza.
Degli antenati della famiglia Marino mio padre mi ha lasciato alcune notizie,
anche se non molto precise. Le sue conoscenze, in tal senso, partivano da un
antenato, mio omonimo, Camillo Marino, ovviamente cartaio, che ebbe tra figli:
Giovanni, Raffaele e Francesco. Giovanni ebbe a sua volta Andrea e Francesco
(zio Ciccillo); Raffaele ebbe Camillo Maria (mio nonno) e Teresa; infine
Francesco ebbe come unico figlio Giuseppe.</span>
</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-24MlzcTdILM/Wb1Fpju81uI/AAAAAAAAIu4/jk8ma0ezoR8XDjThv53zx-BZUCPWHM8TACEwYBhgL/s1600/C%2527ERA%2BUNA%2BVOLTA%2BUNA%2BFAMIGLIA%2B2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="736" data-original-width="494" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-24MlzcTdILM/Wb1Fpju81uI/AAAAAAAAIu4/jk8ma0ezoR8XDjThv53zx-BZUCPWHM8TACEwYBhgL/s320/C%2527ERA%2BUNA%2BVOLTA%2BUNA%2BFAMIGLIA%2B2.jpg" width="214" /></a></div>
<span style="font-size: large;">Tutti cartai! Ironia della sorte, anche io ho fatalmente conosciuto il mio
primo, serio lavoro presso la cartiera Vita-Mayer di Ceprano in qualità di
impiegato tecnico. Anch’io dunque ho avuto la possibilità di conoscere i
segreti e il fascino della produzione della carta. C’è stato forse lo zampino
degli antenati: una professione cromosomica! Ma torniamo alle mie origini e a
come i Marino giunsero ad Aquino. Il nonno di mio padre, Raffaele Marino, aveva
una cartiera ad Amalfi. Era sposato con Carolina Lucibello, figlia anch’essa di
cartai, e pronipote del Vicario di Amalfi, Andrea Lucibello, che fu anche
vescovo di Aquino, Sora e Pontecorvo. Mio padre mi raccontò che suo nonno,
Raffaele Marino, subì una sciagura in seguito alla quale andò perduto in mare,
a causa di un violento nubifragio, un notevolissimo carico di carta destinato
al mercato di Oriente. Questo episodio segnò profondamente la piccola cartiera
e Raffaele Marino, in breve tempo, dovette chiudere i battenti e
volontariamente esiliare anche per via del suo carattere orgoglioso e austero.
Si trasferì infatti in un paesino del Casertano, Prata Sannita, dove ci sono
tracce dell’esistenza di una cartiera presso la quale, presumibilmente, prestò
la sua opera. Naturalmente il figlio Camillo Maria (mio nonno) seguì il destino
del padre e operò anch’egli presso la cartiera di Prata Sannita. Questa
cartiera, come quelle di Aquino e Guarcino, era di proprietà dei Procaccianti.
Da qui nascono le circostanze che condussero al matrimonio mio nonno Camillo
con mia nonna Antonia Iacovella di Aquino. Antonia Iacovella era una delle
tante giovinette che lavoravano alle dipendenze delle cartiere Procaccianti e
nell’ambito del lavoro avvenne l’incontro che successivamente portò al
matrimonio con Camillo Maria Marino. Si stabilirono così ad Aquino dove nacque
mio padre Libero e la sorella Canneta. Mio padre, giovanissimo, come già detto,
aveva lavorato presso le cartiere degli zii Andrea e Francesco in Ravello e
Amalfi. Sono stati proprio questi contatti, nei luoghi più belli del mondo,
come diceva mio padre, a trasmettere a noi figli il mito, il culto di Amalfi,
l’amore e la forte passione per le nostre origini. Alcune settimane scorse,
sospinti da questo intenso desiderio, mi sono recato ad Amalfi dove
presso una cartoleria ho avuto modo di acquistare la mitica carta a mano di
Amalfi. Inoltre, per caso, ho anche acquistato un libro intitolato “Amalfi, il
primato della carta” di Giuseppe Imperato. </span><br />
<span style="font-size: large;">Il libro riguarda le origini delle cartiere amalfitane. Fra le note, con mia
piacevolissima sorpresa, ho potuto leggere di un mio antenato, Luigi Marino,
che era fra quelli che possedevano una cartiera con oltre 40 operai nell’anno
1885. Quest’occasionale ritorno ad Amalfi ha accresciuto notevolmente il
desiderio di sapere qualcosa di più circa l’identità della mia famiglia.
Qualche giorno dopo ho pensato che potesse essere utile alla mia ricerca
mettermi in contatto con la Curia Vescovile di Amalfi. Senza indugiare più di
tanto, ho telefonato al responsabile della Curia stessa il quale, alla mia
richiesta, molto gentilmente mi ha fornito il recapito del prof. Salvatore
D’Amato di Amalfi, che tra l’altro è uno studioso di storia patria e abituale
frequentatore degli archivi della Curia. Messomi in contatto con il prof.
D’Amato, durante il cordiale colloquio, mentre cercavo di spiegare i motivi che
mi spingevano a fare questa indagine storica sulle origini della mia famiglia
(dicendo, tra l’altro, che da ragazzino ero stato ospite presso parenti in
Amalfi, nella cartiera degli eredi di Francesco Marino), il cortese
interlocutore interrompendomi quasi bruscamente ha esclamato: “Noi siamo parenti!”
La frase, raccolta dall’altro filo del telefono, mi fece accapponare la pelle e
suscitò in me sentimenti di gioia, di stupore, di piacevole sorpresa e
incredulità. Poi il prof. D’Amato aggiunse: “Francesco Marino era
mio nonno!” Per caso, incredibilmente, come se ci fosse stata la mano di un
regista misterioso, mi ero incontrato, anche se solo telefonicamente, con il
figlio di Lucia Marino, una delle figlie di zio Ciccillo, nella cui cartiera,
da ragazzo, intorno agli anni Cinquanta, fui ospite. Incredibilmente i nodi con
le mie origini si erano riallacciati. Per fare una ricerca, per avere notizie
in loco della mia famiglia, non potevo certo trovare persona più giusta. Col
prof. Salvatore D’Amato ci siamo scambiati gli indirizzi e la reciproca promessa
di incontrarci prossimamente ad Amalfi. Di solito sono scettico, per niente
incline a fantasticherie, però di fronte a questa sorprendente storia non è
esagerato dire che ho avvertito come un intervento di una presenza
soprannaturale: forse lassù qualcuno si diverte ad allestire trame
insospettabili, capaci di risuscitare la memoria di eventi vissuti, brandelli
di vita spariti tra le pieghe del tempo.<o:p></o:p></span></div>
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